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by Alberto Paolucci

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Un ultimo cerchio…
Un ultimo grande cerchio prima di lasciare spazio al nuovo, ai nuovi incontri, ad altri cerchi composti da altre donne, altri uomini, giovani, anziani, bambini.
Non una conclusione ma un passaggio, da testimone a testimone, dopo molti anni di intenso viaggiare, portando in dono semi di conoscenza, antica saggezza ed esperienza di vita.
Le 13th Grandmothers hanno annunciato che l’incontro a Menla, agosto 2016, sarebbe stato l’ultimo.
Così il grande raduno di quest’anno, non lontano da New York City, ospiti della Tibetan House of Healing, dove il Dalai Lama spesso soggiorna, è stato l’occasione per incontrare le 13th Indigenous Grandmothers, ancora una volta tutte insieme.
Donne, sciamane, guaritrici, messaggere di pace e annunciatrici dell’auspicabile necessario cambiamento del Pianeta.
Queste donne, nel corso del tempo, hanno risvegliato l’attenzione per la Natura, l’ambiente e la corrispondenza di ognuno con ogni altro essere, l’importanza di un’educazione che rispetti ogni diversità , l’attenzione alla Terra, ai suoi abitanti, e l’onorare la memoria di chi ci ha preceduto, gli antenati.
Esseri che, prima di noi, hanno lasciato la loro presenza, la loro esperienza di vita, la loro antica saggezza.
Questo nostro piccolo grande universo in miniatura contiene ogni passagggio, ogni variazione, ogni movimento.
Ogni nuovo passo, pensiero, azione, non possono che essere mossi dal desiderio di servire il pianeta che abitiamo, ricordandoci sempre che ciò che semineremo sarà il raccolto per le future generazioni.
Includere tutti senza escludere nessuno.
Nuove strategie, nuove forme, espansione.
Trasformare ogni intenzione in creazione che aderisca a questo momento che stiamo vivendo, nel presente, ora.
E rompere strutture oramai troppo obsolete, troppo strette.
Siamo tutti interconnessi, e ognuno respira l’altro, ognuno è l’estensione dell’altro.
L’effetto di ogni nostra azione, pensiero, crea tracce di presenza in tutto e tutti.
Diventiamo allora più responsabili delle nostre azioni ed intenzioni nei confronti della Terra e degli esseri che ne sono i cittadini.
Gli alberi, i fiumi, le piante, l’aria che respiriamo, l’ acqua che è la nostra stessa fonte di vita.
Rispetto per le creature del mondo così detto animale.
Anima-li, e il popolo delle nubi, gli abitanti dell’aria e delle acque, della terra, del cielo.
Possiamo determinare la creazione o la distruzione.
Diventiamo consapevoli di questo nostro potere, imparando ad essere cocreatori.
Grandmother Agnes appare ancora più grande e radicata come una montagna, mentre parla alle molte persone sedute che, dai luoghi più vicini e lontani di questa terra, si sono radunate qui per ascoltare lei e le altre Sisters.
Nuotiamo nel fiume sotterraneo che ci scorre dentro e che ci anima, si anima, dono di infinita bellezza e intelligente procreazione.
Queste parole vibrano in ognuno di noi, presente qui a Menla in questo “last gathering”.
Il cerchio delle 13th Grandmothers si è creato molti anni fa, grazie ad una profezia…13 Donne si incontreranno ed, insieme, creeranno un Cerchio di condivisione e testimonianza, per creare altri cerchi di conoscenza, consapevolezza, crescita.
E nel tempo, il Cerchio è cresciuto potente e forte, seguito da moltissimi, ovunque nel mondo.
Ogni incontro una magia, un contatto con la Natura e gli Elementi, la sacralità e l’antica saggezza delle molte tradizioni.
Ognuna delle Grandmothers porta, ed ha portato nel cuore, in modo compassionevole e appassionato, quel dare voce a chi non ha voce, l’essere al servizio di ogni creatura, ogni essere, ogni creazione che ha respiro e coscienza di vita.
Un’ alleanza di amore e solidarietà verso ciò che siamo e la memoria che chi ci ha preceduto.
13 donne che hanno, in tutti questi anni, circumnavigato il pianeta, in lungo e largo, per testimoniare il valore dell’unità nelle diversità e la forza di tale profonda unione.
Dal Brasile all’Amazzonia, dal Perù all’Africa, Tibet, Nepal, South Dakota, Alaska, Mongolia, Nuova Zelanda, Giappone, Messico.
Ognuna con le sue pratiche sciamaniche e le proprie erbe di guarigione, i mantra e i mudra, le danze di accompagnamento ai rituali, la trance.
E l’appartenenza al proprio “popolo” come semplice manifestazione del Grande Spirito, di quella forza Creatrice che soffia in noi il vento dello spirito, della luce e della polvere.
Dopo tanto peregrinaggio e assemblea di esseri, è tempo di dare spazio ad altri cerchi, di passare il testimone.
Come un sasso gettato nell’acqua, altri cerchi si formeranno, come molti già sono stati creati.
Così le Grandmothers escono di scena, ma restano presenti e sempre disponibili ad essere di aiuto e sostegno a chi lo chiede.
Magia ed incantamento…parole medicina, benedizioni, preghiere.
Silenzio e ancora canti e gioia nella semplice unità di condivisione.
Nella grande radura che ci ha accolti, la presenza del Teepe, la tenda cara alla tradizione degli Indiani d’America.
Molte tribù presenti, vestite nei loro abiti rituali: Sioux, Cheyenne, Dakota, Lakota, Nakota, e molte altre etnie, e, al centro del grande cerchio, la Ruota della Medicina nella Sacra Geometria nelle quattro direzioni.
Al mattino, mentre il sole si affaccia, i tamburi già suonano e, alla sera, il loro ritmo saluta la luce che si ritira accogliendo le ombre della sera.
Nell’aria il crepitio delle fiamme canta e pare danzare…gli spiriti sono con noi.
Durante i rituali, tenuti da ognuna delle Grandmothers, il fuoco, acceso giorno e notte, viene governato dai firekeepers, i guardiani dell’anima del fuoco.
Li ho visti sussurrare alle fiamme e parlare con gli alleati invisibili, disporre con estrema attenzione la legna da ardere e, alla fine di ogni giornata, riporre la cenere, the sacred ashes, per poi donarla ad ognuno dei presenti.
Ogni rituale, nella sua lunga attenta preparazione, ci ha portato in uno spazio senza tempo né dimora.
Nel cielo sono apparsi, all’improvviso, libellule, aquile, messaggeri evocati per testimoniare la bellezza e il potere dei rituali e delle forze della Natura.
Ci sono state anche parole, poche, scelte, testimonianza di una intera vita dedicata al sacro e al suo apparire, sottilmente, nel volo di un passero, nel delicato muoversi delle fronde di un albero, come in una foglia portata via dal vento.
Presenza, ascolto, attenzione, azione.
Farsi ascoltatori silenziosi, capaci di vedere quello che non appare ma è.
Sensibilizzarsi e saper decifrare i segnali dal mondo dell’invisibile che è parte di noi, del nostro essere.
Ritornare alle antichissime tradizioni nel rispetto del principio della vita e di ogni sua manifestazione, in assenza di giudizio.

Proteggere ciò che non è separato da noi, ma è noi!
Avere cura infinita della Creazione che noi siamo, questo il messaggio di ognuna delle Grandmothers, interrompendo l’abuso e la violenza verso ogni essere.
L’ ultimo giorno, mentre il sacro fuoco si va spegnendo, nei nostri cuori resta il sussurro del vento che, improvviso, muove le cime degli alberi e sembra volerci dire qualcosa.
L’ eco di qualche tamburo in lontananza, i firekeepers raccolgono le ceneri…molti restano seduti, vicini al grande fuoco oramai spento, ad occhi chiusi, in meditazione.
I bambini giocano e si rincorrono sul grande prato. Una grande pace avvolge tutto, e ogni cerimonia lascia dietro se tracce di indistinto riconosciuto dall’anima.
L’energia è vibrante e ognuno è consapevole di partecipare ad una offerta straordinaria, un dono.
Le cerimonie sono finite ed ogni rituale lascia tracce di fiori, offerte, incensi, piume, tabacco.
La grande pipa, il calumet è stato acceso molte volte e fumato in accordo.
I canti degli Indiani d’America hanno accompagnato le nostre giornate e gli storytellers ci hanno intrattenuto con le molte storie testimonianza delle loro tribù.
Storie di guerrieri e cacciatori, grandi capi e grandi donne, sciamani e guaritori.
La fantasia si accende e restiamo incantati…
Alla fine, il fuoco che si è consumato in queste giornate, ha trasformato il nostro incontro.
La sensazione è di sentirsi parte di tutto ed essere con tutti in modo avvolgente e potente.
I rituali ci hanno passato la forza della Creazione, quel principio che ci muove e ci trasforma, così come il grande fuoco.
Lasciamo Menla, portandola con noi, andando verso il nuovo, testimoni dell’alleanza segreta e potente della forze della Natura e l’umano, quando esse si incontrano e si riconoscono.
Lo spirito di queste donne, Grandmothers, la loro saggezza è parte di noi, così i semi da lanciare nel nuovo vento del cambiamento.

Un ultimo cerchio…
Un ultimo grande cerchio prima di lasciare spazio al nuovo, ai nuovi incontri, ad altri cerchi composti da altre donne, altri uomini, giovani, anziani, bambini.
Non una conclusione ma un passaggio, da testimone a testimone, dopo molti anni di intenso viaggiare, portando in dono semi di conoscenza, antica saggezza ed esperienza di vita.
Le 13th Grandmothers hanno annunciato che l’incontro a Menla, agosto 2016, sarebbe stato l’ultimo.
Così il grande raduno di quest’anno, non lontano da New York City, ospiti della Tibetan House of Healing, dove il Dalai Lama spesso soggiorna, è stato l’occasione per incontrare le 13th Indigenous Grandmothers, ancora una volta tutte insieme.
Donne, sciamane, guaritrici, messaggere di pace e annunciatrici dell’auspicabile necessario cambiamento del Pianeta.
Queste donne, nel corso del tempo, hanno risvegliato l’attenzione per la Natura, l’ambiente e la corrispondenza di ognuno con ogni altro essere, l’importanza di un’educazione che rispetti ogni diversità , l’attenzione alla Terra, ai suoi abitanti, e l’onorare la memoria di chi ci ha preceduto, gli antenati.
Esseri che, prima di noi, hanno lasciato la loro presenza, la loro esperienza di vita, la loro antica saggezza.
Questo nostro piccolo grande universo in miniatura contiene ogni passagggio, ogni variazione, ogni movimento.
Ogni nuovo passo, pensiero, azione, non possono che essere mossi dal desiderio di servire il pianeta che abitiamo, ricordandoci sempre che ciò che semineremo sarà il raccolto per le future generazioni.
Includere tutti senza escludere nessuno.
Nuove strategie, nuove forme, espansione.
Trasformare ogni intenzione in creazione che aderisca a questo momento che stiamo vivendo, nel presente, ora.
E rompere strutture oramai troppo obsolete, troppo strette.
Siamo tutti interconnessi, e ognuno respira l’altro, ognuno è l’estensione dell’altro.
L’effetto di ogni nostra azione, pensiero, crea tracce di presenza in tutto e tutti.
Diventiamo allora più responsabili delle nostre azioni ed intenzioni nei confronti della Terra e degli esseri che ne sono i cittadini.
Gli alberi, i fiumi, le piante, l’aria che respiriamo, l’ acqua che è la nostra stessa fonte di vita.
Rispetto per le creature del mondo così detto animale.
Anima-li, e il popolo delle nubi, gli abitanti dell’aria e delle acque, della terra, del cielo.
Possiamo determinare la creazione o la distruzione.
Diventiamo consapevoli di questo nostro potere, imparando ad essere cocreatori.
Grandmother Agnes appare ancora più grande e radicata come una montagna, mentre parla alle molte persone sedute che, dai luoghi più vicini e lontani di questa terra, si sono radunate qui per ascoltare lei e le altre Sisters.
Nuotiamo nel fiume sotterraneo che ci scorre dentro e che ci anima, si anima, dono di infinita bellezza e intelligente procreazione.
Queste parole vibrano in ognuno di noi, presente qui a Menla in questo “last gathering”.
Il cerchio delle 13th Grandmothers si è creato molti anni fa, grazie ad una profezia…13 Donne si incontreranno ed, insieme, creeranno un Cerchio di condivisione e testimonianza, per creare altri cerchi di conoscenza, consapevolezza, crescita.
E nel tempo, il Cerchio è cresciuto potente e forte, seguito da moltissimi, ovunque nel mondo.
Ogni incontro una magia, un contatto con la Natura e gli Elementi, la sacralità e l’antica saggezza delle molte tradizioni.
Ognuna delle Grandmothers porta, ed ha portato nel cuore, in modo compassionevole e appassionato, quel dare voce a chi non ha voce, l’essere al servizio di ogni creatura, ogni essere, ogni creazione che ha respiro e coscienza di vita.
Un’ alleanza di amore e solidarietà verso ciò che siamo e la memoria che chi ci ha preceduto.
13 donne che hanno, in tutti questi anni, circumnavigato il pianeta, in lungo e largo, per testimoniare il valore dell’unità nelle diversità e la forza di tale profonda unione.
Dal Brasile all’Amazzonia, dal Perù all’Africa, Tibet, Nepal, South Dakota, Alaska, Mongolia, Nuova Zelanda, Giappone, Messico.
Ognuna con le sue pratiche sciamaniche e le proprie erbe di guarigione, i mantra e i mudra, le danze di accompagnamento ai rituali, la trance.
E l’appartenenza al proprio “popolo” come semplice manifestazione del Grande Spirito, di quella forza Creatrice che soffia in noi il vento dello spirito, della luce e della polvere.
Dopo tanto peregrinaggio e assemblea di esseri, è tempo di dare spazio ad altri cerchi, di passare il testimone.
Come un sasso gettato nell’acqua, altri cerchi si formeranno, come molti già sono stati creati.
Così le Grandmothers escono di scena, ma restano presenti e sempre disponibili ad essere di aiuto e sostegno a chi lo chiede.
Magia ed incantamento…parole medicina, benedizioni, preghiere.
Silenzio e ancora canti e gioia nella semplice unità di condivisione.
Nella grande radura che ci ha accolti, la presenza del Teepe, la tenda cara alla tradizione degli Indiani d’America.
Molte tribù presenti, vestite nei loro abiti rituali: Sioux, Cheyenne, Dakota, Lakota, Nakota, e molte altre etnie, e, al centro del grande cerchio, la Ruota della Medicina nella Sacra Geometria nelle quattro direzioni.
Al mattino, mentre il sole si affaccia, i tamburi già suonano e, alla sera, il loro ritmo saluta la luce che si ritira accogliendo le ombre della sera.
Nell’aria il crepitio delle fiamme canta e pare danzare…gli spiriti sono con noi.
Durante i rituali, tenuti da ognuna delle Grandmothers, il fuoco, acceso giorno e notte, viene governato dai firekeepers, i guardiani dell’anima del fuoco.
Li ho visti sussurrare alle fiamme e parlare con gli alleati invisibili, disporre con estrema attenzione la legna da ardere e, alla fine di ogni giornata, riporre la cenere, the sacred ashes, per poi donarla ad ognuno dei presenti.
Ogni rituale, nella sua lunga attenta preparazione, ci ha portato in uno spazio senza tempo né dimora.
Nel cielo sono apparsi, all’improvviso, libellule, aquile, messaggeri evocati per testimoniare la bellezza e il potere dei rituali e delle forze della Natura.
Ci sono state anche parole, poche, scelte, testimonianza di una intera vita dedicata al sacro e al suo apparire, sottilmente, nel volo di un passero, nel delicato muoversi delle fronde di un albero, come in una foglia portata via dal vento.
Presenza, ascolto, attenzione, azione.
Farsi ascoltatori silenziosi, capaci di vedere quello che non appare ma è.
Sensibilizzarsi e saper decifrare i segnali dal mondo dell’invisibile che è parte di noi, del nostro essere.
Ritornare alle antichissime tradizioni nel rispetto del principio della vita e di ogni sua manifestazione, in assenza di giudizio.

Proteggere ciò che non è separato da noi, ma è noi!
Avere cura infinita della Creazione che noi siamo, questo il messaggio di ognuna delle Grandmothers, interrompendo l’abuso e la violenza verso ogni essere.
L’ ultimo giorno, mentre il sacro fuoco si va spegnendo, nei nostri cuori resta il sussurro del vento che, improvviso, muove le cime degli alberi e sembra volerci dire qualcosa.
L’ eco di qualche tamburo in lontananza, i firekeepers raccolgono le ceneri…molti restano seduti, vicini al grande fuoco oramai spento, ad occhi chiusi, in meditazione.
I bambini giocano e si rincorrono sul grande prato. Una grande pace avvolge tutto, e ogni cerimonia lascia dietro se tracce di indistinto riconosciuto dall’anima.
L’energia è vibrante e ognuno è consapevole di partecipare ad una offerta straordinaria, un dono.
Le cerimonie sono finite ed ogni rituale lascia tracce di fiori, offerte, incensi, piume, tabacco.
La grande pipa, il calumet è stato acceso molte volte e fumato in accordo.
I canti degli Indiani d’America hanno accompagnato le nostre giornate e gli storytellers ci hanno intrattenuto con le molte storie testimonianza delle loro tribù.
Storie di guerrieri e cacciatori, grandi capi e grandi donne, sciamani e guaritori.
La fantasia si accende e restiamo incantati…
Alla fine, il fuoco che si è consumato in queste giornate, ha trasformato il nostro incontro.
La sensazione è di sentirsi parte di tutto ed essere con tutti in modo avvolgente e potente.
I rituali ci hanno passato la forza della Creazione, quel principio che ci muove e ci trasforma, così come il grande fuoco.
Lasciamo Menla, portandola con noi, andando verso il nuovo, testimoni dell’alleanza segreta e potente della forze della Natura e l’umano, quando esse si incontrano e si riconoscono.
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    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Per rimanere in contatto con noi e ricevere informazioni sugli ultimi articoli, video, webinar ed iniziative pubbliche che proponiamo, lascia qui la tua email

    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

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