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by Jerry Diamanti

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In questo articolo, analizzo il Sistema Educativo Occidentale alla luce delle diversità culturali e della violenza.

Per comprendere il contributo alla socializzazione del Sistema Educativo Occidentale da questa prospettiva, ne prendo in considerazione le radici attraverso il concetto di Paideia dell’antica Grecia e suggerisco che l’enfasi usata nell’ambito dell’educazione in Occidente, nel coltivare la mente per raggiungere l’eccellenza intellettuale, sia in relazione a questo termine. Anche se un tempo tale sviluppo della mente può essere stato fautore di evoluzione e la sua formazione sia stata intrapresa al servizio dell’ideale e del bene comune, legato allo Stato, all’anima e al divino come suggerito da Platone, nella società moderna tale sviluppo è divenuto onnipervasivo e abbiamo perso il contatto con il nostro “sentire” cuore-mente, un livello più profondo di coscienza.

Il vivere dal cuore è legato alla cura, al sentimento, all’empatia, all’intuizione e alla creatività. Per trasformare il Sistema Educativo Occidentale, suggerisco di includere l’indagine sulla natura della nostra coscienza che include il ruolo del cuore senziente. Questa formazione bypassa le differenze culturali mentre si collega con la base spirituale di tutta l’umanità indipendentemente dalla religione, cultura, genere o background. Suggerisco che questo renderebbe in Occidente il sistema educativo più universale e potrebbe fornire un nuovo passo in avanti evolutivo per l’umanità.

Introduzione

In questo articolo, guardo all’istruzione come agente socializzante specifico per la cultura di ogni società e valuto se il Sistema Educativo Occidentale, che si sta espandendo in tutto il mondo, possa essere il sistema più adatto a portare l’umanità al prossimo stadio del suo sviluppo evolutivo.  Qui riconsidero l’importanza degli esperimenti di Harlow e delle sue scimmie che indica come i giovani abbiano bisogno di affetti, sensibilità e contatto. Tra l’altro, esplorerò le radici del Sistema Educativo Occidentale nell’antica Grecia attraverso il concetto di Paideia e lo sviluppo dell’intelletto attraverso l’allenamento della mente razionale.

Background

I sistemi educativi, indipendentemente dalla loro natura, socializzano bambini e giovani persone in un certo modo. La famiglia ha sempre avuto un ruolo importante nell’impartire le abilità concernenti vita, religione e ruoli di genere che supportano l’esistenza in un modo che è tradizionale per ogni specifica società. Il ruolo delle abilità affettive ed emotive è appreso principalmente nell’ambiente familiare, che è una grande istituzione sociale che sta cominciando a crollare oggi in alcuni paesi occidentali, con il Lussemburgo che ha il più alto tasso di divorzi, poi la  Spagna (Unifiedlawyers, n.d.). Oltre alla famiglia, ci sono vari tipi di sistemi educativi formali e informali in ​​diversi paesi, tutti orientati alla promozione del processo di socializzazione di bambini e giovani adulti all’interno della cultura specifica. Qualsiasi sistema educativo come agente socializzante che non è originario di una cultura, cambierà quella società e il modo in cui le persone vivono tradizionalmente, minandone di conseguenza la diversità culturale. Questo è successo nel corso dei secoli dal momento in cui le nazioni conquistatrici invasero o colonizzarono altri paesi. Tuttavia, è il quantitativo e il modo in cui ciò sta accadendo ai nostri giorni che stanno esacerbando la perdita di diversità culturale. Oggi un paese non ha bisogno di colonizzare un altro per cambiare la sua cultura; media come la televisione hanno svolto questo ruolo entrando nelle case sin dal 1946 e l’attuale sistema del global network  sta avendo e avrà un effetto ancora maggiore e più rapido ovunque. Nonostante il loro vasto uso, questi sistemi possono essere classificati come sistemi educativi informali, sul contenuto dei quali c’è poco o nessun controllo. Internet come la televisione, ha conseguenze positive e negative. Uno è che  produce informazioni disponibili a tutti e se includiamo i telefoni cellulari, può aumentare la comunicazione tra persone su grandi distanze, ma generare più alienazione tra familiari e amici più stretti, in particolare nel contatto fisico e affettivo.

Espansione del sistema educativo occidentale

Il Sistema Educativo Occidentale si sta espandendo ben oltre i confini territoriali originari e i suoi effetti non sono sempre positivi, specialmente se si considera l’alto uso di ansiolitici e suicidi tra i giovani in Occidente (Ramirez & Lindhard, 2017). Chiunque può inoltre chiedersi come sarà l’educazione in futuro e quali saranno i suoi effetti.

Alcuni ipotizzano che l’educazione futura sarà per lo più online e orientata verso un apprendimento una società della conoscenza. Si parla anche di un sistema d’istruzione superiore più personalizzata in cui le esigenze di ogni studente sono seguite e l’attenzione è passata dalla memorizzazione delle informazioni “alla qualità della comprensione” e alla risoluzione dei problemi (Ramirez & Lindhard, 2017). Ma l’educazione personalizzata è probabilmente costosa e quindi non facilmente accessibile a tutti. Inoltre, che dire di un giovane che non riesce a tenere il passo con questo tipo di approccio a causa di instabilità emotiva, iperattività o persino problemi mentali? Sono solo gli psicologi che devono affrontare questi problemi o abbiamo bisogno di cambiare gli aspetti del nostro sistema educativo per includere training emozionali e dell’attenzione attraverso tecniche di consapevolezza per migliorare la capacità di concentrazione? Questi aspetti sono già stati importati nelle scuole di vari territori, compresa la Spagna. Sebbene l’inclusione di questi aspetti sia positiva, ciò che è evidente per la sua assenza nell’educazione occidentale formale, è una menzione dell’importanza delle emozioni e delle sensazioni per l’essere umano, in particolare per il giovane essere umano.

Le scimmie di Harlow

Siamo tutti a conoscenza degli esperimenti condotti da Harlow sulle scimmie e del comportamento dei cuccioli di macaco quando venivano posti in presenza di una struttura di legno ricoperta da un panno caldo. Questo esperimento ha mostrato come questi di fronte a situazioni nuove e spaventose si rivolgevano alla madre surrogata. Anche le “scimmie socialmente isolate hanno mostrato un comportamento disturbato, iperattivo e persino autolesionismo, quando sono state reintrodotte nel gruppo, erano “incerte su come interagire – molte rimanevano separate dal gruppo e alcune addirittura morirono dopo aver rifiutato di mangiare ” (APS 2018, n.d. par. 2). Riassumendo, questi esperimenti rivelarono che l’importanza del contatto con la figura materna va oltre il bisogno di cibo e il contatto con qualcosa di morbido è preferibile al niente. Di conseguenza, questi esperimenti rivelarono anche che la madre fornisce qualcosa in più, che può essere visto come essere vitale per sapere come vivere in gruppo. Sebbene questi studi siano stati intrapresi negli anni sessanta, le loro implicazioni riguardo al comportamento umano sono ritenuti rilevanti oggi come lo erano allora, e forse oggi anche di più per via della rottura della struttura familiare e per via della natura impersonale delle tecnologie dell’informazione.

Che ci piaccia o no, e che lo riconosciamo o no, in Psicologia qualsiasi affermazione che facciamo si basa sulla nostra prospettiva metafisica. La scienza materialistica ha influenzato il nostro pensiero e la filosofia di Cartesio ci influenza ancora creando una scissione mente-corpo.
Il cogito ergo sum di Cartesio, “penso quindi sono”, ha creato una dualità mente-corpo in cui l’anima è stata associata al pensiero. Per questo, a suo avviso, gli animali non avrebbero anima.
I pensieri di Cartesio ci influenzano ancora oggi e la ricerca neurologica per trovare la coscienza nel cervello sembra riflettere questo. Le idee secondo cui gli animali non hanno anima e sono insenzienti hanno portato alla tortura degli animali durante la ricerca. Questa filosofia meccanicistica che negava la sensibilità degli organismi viventi, si estendeva dalla metà del 19 ° secolo fino ai decenni finali del 20 ° secolo quando fu fatto questo esperimento di Harlow.

Tuttavia, sento che siamo entrati in una nuova fase in cui stiamo sperimentando la nostra stessa specie nel nostro modo di vivere. Le madri mettono i loro bambini in asili nido in tenera età. Questo è spesso per necessità di mantenere il lavoro, spesso esse non hanno altra scelta che ricorrere a questa pratica. Ma quali sono le conseguenze a lungo termine? Sappiamo che vi è un crescente uso di ansiolitici e suicidi tra i giovani in Occidente (Ramirez e Lindhard, 2017). Il nostro sistema educativo è diretto alla coltivazione della nostra mente intellettuale e non risponde al bisogno individuale di affetto e sentimento. A causa del modo in cui viviamo oggi, dobbiamo chiederci se neonati e bambini piccoli stanno ricevendo la formazione emotiva di cui hanno bisogno per affrontare gli stress della vita? Anche noi siamo esseri senzienti e come le scimmie di Harlow, abbiamo bisogno di qualcosa di più del cibo e del riparo, abbiamo bisogno del contatto con una madre amorevole o meglio, un amorevole protettore competente. Anche se oggi non giustificherei più l’esperimento che Harlow ha fatto, dobbiamo essere ugualmente  attenti  a non ripeterlo su larga scala nel modo in cui viviamo nel presente. Questo modo attuale non è un esperimento forzato da parte di scienziati, ma da parte di umani che, secondo me, stanno perdendo il contatto con la loro natura sensibile che è basata sul cuore. Posso solo incoraggiare ognuno di noi a riflettere su questo. I nostri bambini sono il futuro.

Stiamo facendo abbastanza per prepararli emotivamente a diventare esseri umani pienamente amorevoli, consapevoli della propria sensibilità e di quella di tutti gli esseri viventi?

Sorge quindi la domanda, come può l’educazione affrontare la necessità di accesso consapevole a emozioni e sensazioni? Un training emotivo è sufficiente o è un ambito più vasto quello da organizzare? Per poter rispondere a questo, considero le radici del nostro sistema di educazione che si riassumono nel concetto greco antico di Paideia.

Le radici del sistema educativo occidentale

Per comprendere il primo sistema educativo greco, è necessario capire il contesto in cui si è sviluppato. La Grecia non era un paese unificato ma consisteva in molte poleis o città-stato in guerra; tra le più importanti Atene, Sparta, Corinto, Tebe, Siracusa, Egina, Rodi, Argos, Eretria ed Elis (Cartwright, 2013). Ogni polis era un sistema sociopolitico autonomo e sebbene la natura guerriera competitiva dei greci sembra essere stata la caratteristica comune (Leach, 1972),  in diversi stati nacque un modo diverso di introdurre i loro figli alla relazione sociale (Robertson, 2018). I due sistemi che descrivo brevemente sono quelli di Sparta e Atene, poiché il contrasto ci aiuta realizzare la natura evolutiva di alcuni aspetti del sistema ateniese ai suoi tempi.

Sparta – uno stato militare

Sparta era uno stato militare e il suo sistema educativo preparava gli studenti alle attività militari in cui disciplina, semplicità, abnegazione e prevaricazione erano caratteristiche prevalenti. Danza e musica venivano insegnate a Sparta, ma per promuovere il patriottismo e la capacità di agire come unità durante le imprese militari. I ragazzi spartani prendevano parte al canto corale nelle feste religiose e “si diceva fossero estremamente devoti”. Le canzoni corali erano anche un modo per “insegnare patriottismo e morale ”(Robertson, 2018, p. 67). Entrambi i sessi ricevevano allenamento fisico, ma le donne non prendevano parte all’esercito. A Sparta,  i bambini sani erano visti in relazione alla salute della donna (Wiesner-Hanks, 2010). Le donne avevano molta libertà di movimento quando si sposavano, dal momento che i loro i mariti erano ancora nell’esercito fino all’età di trent’anni. Leggere e scrivere non ha avuto un ruolo importante nella società spartana.

Il sistema educativo ateniese e il concetto di Paideia

L’istruzione ad Atene era aperta solo ai maschi e non agli schiavi. L’obiettivo del sistema educativo ateniese tradizionale può essere riassunto nel concetto di Paideia: lo sviluppo della mente in un corpo superbo, l’unione della  perfezione morale, eccellenza intellettuale, armonia artistica e bellezza fisica. Era un ideale universale a cui ogni maschio si sforzava di perseguire e il suo obiettivo era sviluppare un uomo politico “bello e buono”, il servitore della polis o dello stato (Fieser, 2017; Roberson, 2018). Come tale, l’istruzione ad Atene aveva un significato militare, politico, sociale e sfumature economiche in cui il sistema educativo aiutava a preparare studenti sia per la pace che per la guerra. Era un sistema complesso in cui l’amore per la bellezza e tratti militari esistevano fianco a fianco, ad esempio l’allenamento fisico era visto come necessario per migliorare l’aspetto, la preparazione per la guerra e la buona salute in età avanzata (Plutarco, 1927).

In questo sistema, la natura guerriera e competitiva intrinseca dei primi Greci poteva essere come sublimata attraverso giochi organizzati che includevano diverse componenti dell’educazione fisica come  l’atletica, lo sport, la lotta, il lancio del giavellotto. Questa formazione era impartita dallo Stato. Originariamente le palestre nell’antica Grecia non erano chiuse, ma comprendevano grandi aree pubbliche aperte dove i giovani svolgevano attività fisica in nudità. Questi luoghi sono cambiati nel tempo e ad Atene si sono sviluppati in aree in cui gli uomini si sono poi incontrati per “dare pugni al sacco, massaggiarsi (con oli), fare il bagno e vestirsi. . . I giovani uomini si sono impegnati con forza nei giochi atletici e negli esercizi mentre gli anziani erano spettatori, critici, o forse, partecipanti alle discussioni e alle lezioni frontali che hanno costituito una parte importante delle attività del luogo. . . Poiché gli istruttori della palestra dovevano essere pagati, i posti erano frequentati principalmente dai benestanti ”(Gymnasium, 1920).

L’educazione fisica era accompagnata da una formazione intellettuale, che era impartita dai privati ​​a pagamento, prima a livello elementare e poi dopo il 420 a.C. ad un livello superiore (Roberson, 2018). Chiunque poteva aprire una scuola e lo Stato ateniese svolgeva in essa solo una piccola parte (Coulson, 1999; Cordasco, 1976). Le scuole, che molto probabilmente erano solo della grandezza di una stanza, “erano imprese private costituite e gestite a scopo di lucro da singoli imprenditori che seguivano propri curricula e metodi “(Golden in Robertson, 2018, p. 51). Entrambi i livelli erano aperti solo ai maschi e solo i più ricchi potevano frequentarli per ricevere un’istruzione superiore che includesse retorica, grammatica e filosofia oltre a  materie più scientifiche come l’aritmetica e la medicina. Le ragazze raramente ricevevano alcun tipo di istruzione formale. Erano considerate avere una capacità intellettuale inferiore e le aspettative sociali le limitavano a casa (O’pry, 2012).

Secondo Spencer (2019), il fine degli insegnanti di retorica e logica era di far prevalere nelle dispute,  volti ad una diffusione non violenta del valori del guerriero della competizione e della vittoria. “il ragionamento era semplicemente volto ad una verbalizzazione simile al combattimento tra due guerrieri ma con risultati meno letali. Queste modalità sono state mantenute da allora nelle società europee, così che gli uomini intelligenti hanno continuato con il loro prezioso ruolo di “educare” la successiva generazione di maschi a divenire direttori delle loro società “. Non tutti i filosofi greci hanno considerato l’obiettivo dell’educazione al servizio dell’ideale per il bene comune dello Stato. Per Platone la funzione principale dell’educazione era di essere al servizio dell’anima e del divino, in essa la filosofia era focalizzata alla “perfezione interiore realizzata attraverso l’educazione disciplinata che coinvolge lo sviluppo dell’intelletto, della volontà e del corpo motivati ​​da un incessante desiderio di riguadagnare l’unione perduta con l’eterno” (Tamas, 1991, 42-43). Da un punto di vista l’individuo poteva sublimare la sua natura di base all’ideale e al bene comune attraverso il servizio allo Stato e dall’altro punto di vista, l’educazione implicava la formazione al servizio dell’anima che portava all’unione con l’eterno. Tuttavia, ciò che unisce entrambe le prospettive è la loro enfasi sullo sviluppo dell’intelletto.

Sistema educativo occidentale di oggi

Il nostro attuale sistema educativo si rifà per la maggior parte alle sue antiche origini greche. Sebbene molti aspetti di ciò che costituisce l’idea di uomo ideale siano scomparsi,  l’accento sull’addestramento della mente pensante al servizio dell’intelletto esiste ancora oggi ed è diventato l’obiettivo principale del sistema educativo occidentale. Il significato più profondo dell’educazione come concepito da Platone come servizio all’anima e al divino sono raramente considerati se non dai sistemi educativi religiosi.

Tuttavia, se si prende in considerazione l’educazione al servizio di un ideale, del bene comune o dell’anima, lo sviluppo del principio intellettuale, pur essendo stata una grande impresa evolutiva ai suoi tempi,  è oggi diventato troppo pervasivo per gli umani moderni. Lindhard (2019a; 2019b) associa lo sviluppo della mente intellettuale pensante con il principio maschile. Suggerisce Spencer che è la mente pensante che ha portato la nostra società sull’orlo di un abisso (Spencer 2019) e che ci separa dalla più profonda mente sentimentale che Lindhard (2019a; 2019b) associa al principio femminile e alla cura. Anche se parla di principi, il sistema educativo ateniese era discriminante contro le donne che dovevano rimanere silenti e deprivate in politica e rispetto al proprio potere personale del diritto di essere ascoltate (Beard, p. 37). Questo pregiudizio ha iniziato ad essere superato in Occidente solo negli ultimi cento anni, con le donne che ottengono il voto in Inghilterra nel 1918.

La mente pensante razionale e il cuore emotivo

La mente pensante razionale con l’allenamento si sviluppa in intelletto. Questo è associato alla superficie del cervello, mentre il sentimento cuore-mente è associato con il Sé più profondo o l’anima (Arka, 2013; Lindhard, 2016; 2017).

Sono entrambi diversi livelli di coscienza, in cui il livello più profondo può essere sperimentato coscientemente attraverso la pratica di un metodo di meditazione basato sul cuore chiamato Preghiera del cuore o Intuitive Meditation (IM) (Lindhard, 2016; 2017; 2018). Tuttavia, la maggior parte delle madri ha accesso a questo livello naturalmente (Arka, 2013).

Esplorare i diversi livelli di coscienza di cui parla Arka nella sua teoria dei sei livelli principali di coscienza, implica l’esperienza di profondità sempre crescenti dei diversi livelli della nostra coscienza. Questo comprende determinati fattori o qualità umane come intuizione, pace, unità, centratura, silenzio, e una sensazione di connessione con il Sé più profondo (Lindhard, 2016; 2017; 2018). Piuttosto che vivere solo sul piano mentale, con tempo e pratica metodi basati sul cuore consentono alla persona di vivere dal cuore e “Vivere con profondità, con sentimenti, con emozioni e con creatività là dove “il cuore usa la mente per esprimere la sua guida” (Arka, 2003, p. 61). Inoltre Arka identifica un terzo piano che implica il “vivere nel nucleo dell’essere. . . dove il Sé usa sia il cuore che la mente, il cuore prima e la mente poi ”(p. 61),  e che (lo stesso maestro N.d.T.) sostiene essere difficile da mantenere.

 

Conclusione

In questo articolo, ho delineato il ruolo dell’educazione occidentale odierna come un agente socializzante che ha come obiettivo lo sviluppo della mente intellettuale associata al Principio maschile. La continua espansione di questo sistema in tutto il mondo insieme alle nuove tecnologie continuano ad influenzare culture diverse e i loro modi di vivere tradizionali. Il  ruolo delle emozioni e del sentimento è evidentemente assente nell’educazione occidentale e nelle nuove tecnologie, che sono impersonali anche se possono connettere le persone a distanza. L’enfasi sullo sviluppo della mente nel pensiero razionale ha scisso le persone dal loro profondo sentire cuore-mente e dal principio femminile. Suggerisco quindi di includere l’esplorazione della nostra coscienza che include il ruolo del cuore senziente nel nostro sistema educativo per rendere questo più universale. Questo bypassa le differenze culturali in quanto si collega alla base spirituale di tutta l’umanità indipendentemente dalla sua religione, cultura, genere o provenienza. Sebbene esista un altro piano di vita più profondo menzionato da Arka (2003), questo autore ritiene che se l’umanità potesse semplicemente imparare a vivere dal cuore, questo genererebbe un nuovo passo evolutivo per gli umani.

Riconoscimento

Ringrazio lo yogi Srinivas Arka per avermi mostrato come esplorare la natura della consapevolezza, incoraggiandomi a pensare, sentire e vedere le cose nelle loro vera prospettiva, attraverso la scienza, la logica e l’esperienza intuitiva. Ringrazio anche Dorina Grossu per gli stimolanti scambi di idee durante la stesura di questo documento e, infine, ringrazio mio marito, che so non è d’accordo con tutto ciò che dico, ma nonostante ciò, mi incoraggia ancora a pubblicare il mio lavoro.

Tina Lindhard

consol.tina@gmail.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

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    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Per rimanere in contatto con noi e ricevere informazioni sugli ultimi articoli, video, webinar ed iniziative pubbliche che proponiamo, lascia qui la tua email

    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

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    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

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