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by Jerry Diamanti

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Un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso. Sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel mondo” Gandhi

Era il 2013 quando ho fatto la prima esperienza di meditazione. Avevo seguito il primo dei percorsi di 21 giorni di Deepak Chopra[1]. Lui era stato il mio passaggio tra le neuroscienze e l’Alzheimer di Tanzi, che avevo incontrato nel corso del mio dottorato e un certo mondo spirituale che da tempo attirava la mia attenzione mantenendo lo stretto legame con la scienza[2]. Meditazione e scienza sono strumenti complementari per incrementare la consapevolezza e favorire l’evoluzione collettiva, ogni strumento lo è e ciascuno di noi può trarre ispirazione e beneficio da tutto ciò che esiste e da tutto ciò che può essere immaginato.

Quei 21 giorni li ricordo ancora. Non avevo mai meditato prima e anche in quella circostanza mi risultò estremamente difficile stare ferma in silenzio con gli occhi chiusi. In una vita dedicata al fare era quasi impensabile avere fiducia di non sprecare tempo per qualche attività, nonostante ciò, il solo ascoltare quelle parole e rimanere in contatto con i mantra che mi venivano proposti fu prezioso.

Mai prima di quel momento ero stata in grado di contattare l’unione con il tutto. Fu potente come molte altre esperienze della mia vita, anche se solo il miracolo della presenza di mio figlio dentro di me, un paio di anni prima, era stato capace di farmi sentire così profondamente in pace e felice.

Sentire che ogni cosa aveva un senso ad un livello esperienziale e non solo teorico e cognitivo cambiò tutto il mio approccio alla realtà. Da allora ho fatto una serie di altre esperienze meditative e soprattutto mi sono permessa di essere in quella presenza nel mio quotidiano. In ogni momento della mia giornata “abito” la mia vita e quando mi perdo mi ricordo che “Io sono connessa a tutto e parte di tutto, ogni cosa ha senso così come si manifesta e concedermi di rimanere nell’apertura e nell’ascolto di ciò che provo in ogni momento mi permette di evolvere e agire coerentemente”.

Ho cercato di portare questo senso di presenza alle persone che ogni giorno incontro. L’osservazione profonda di noi e di ciò che accade intorno a noi è espressione delle realtà che da dentro non riusciamo a vedere. “Guardo fuori e vedo dentro” è diventato il mio mantra per scoprire ciò che di me ancora non so e la scoperta è continua.

Il Buddhismo tantrico dice: “Come è fuori così è dentro il corpo”. Ciò che osserviamo, che muove intensamente il nostro mondo emotivo, riguarda noi e mette sotto il riflettore le qualità che non riusciamo ad accogliere, consentendoci di riorganizzare ciò che viviamo e restituire ad esso nuovi significati. Meditare ci permette di fare pace con queste esperienze riportandoci a guardare dentro anziché fuori, rallentando le reazioni e praticando azioni che siano in grado di integrare [3] il nostro vissuto e la nostra storia con il momento presente e le possibilità ad esso associate. Tutto questo ci permette di recuperare libertà e responsabilità e ci restituisce l’idea pratica di partecipare alla costruzione della felicità.

Da curiosa sperimentatrice ho provato la Mindfulness, le meditazioni del respiro, le meditazioni profonde, la meditazione Vipassana, la meditazione in movimento, lo Yoga, il Tai-chi. Ogni pratica ha la capacità di risvegliare diverse qualità. Meditare sviluppa il saper essere, sa fermare il mondo che corre troppo, trasforma la percezione del tempo e forse il tempo stesso, ci riconnette alla nostra vera natura, alla realtà, all’amore, ci spoglia di tutte le difese costruite nel tempo non più necessarie.

La meditazione può essere definita come uno stato di coscienza che si realizza quando rimane nella mente solo pura consapevolezza di essere, senza forme, definizioni, nomi, giudizi o livelli di identificazione. [4] La consapevolezza di essere porta con sé leggerezza, felicità e gioia per il semplice fatto di esistere. E’ uno strumento potente per ascoltarsi a un livello più profondo e contattare quell’intelligenza primordiale capace di orientare e guidare le nostre vite.

Alcune pratiche meditative mi hanno permesso di entrare in profondo contatto con le mie parti nascoste, altre di contattare il presente con la forza assoluta della presenza. Alcune pratiche si prefiggono come obiettivo quello di prendere distanza dalle sensazioni e dai pensieri ed altre si focalizzano sulle sensazioni e sui pensieri. Ho sperimentato pratiche che conducono nelle profondità di storie e racconti personali ed altre che portano a percepire la fusione con l’universo intero e la totale dissoluzione del corpo. Ho attraversato il non percepire il corpo e il percepirlo in tutte le sue più dettagliate sensazioni. Ho amplificato “qualcosa” che era diventata rumore di fondo ed era stata totalmente cancellata dalla coscienza per finire in un inconscio completamente sconosciuto, ma, come pare dicesse il Budda, “l’inconscio è sempre conscio per via delle sensazioni”, per cui qualsiasi esperienza presente o passata o addirittura passata da altri può essere ricontattata e risentita nel nostro corpo e per questo viaggio devo ringraziare la Floriterapia Transpersonale Evolutiva®[5].

A seconda delle necessità individuali si possono scegliere diverse pratiche che sostengano ciò di cui più abbiamo bisogno. Ci sono persone che tendono a focalizzarsi con estrema intensità sempre sui medesimi punti e sulle solite sensazioni senza venirne a capo. In questi casi può essere utile permettersi di meditare spostando il focus sull’intero, su ciò che normalmente non ascoltiamo, sul lasciare fluire le cose che ci attraversano, sull’allontanarci da esse. Altre persone invece rifuggono il proprio sentire. In questi casi focalizzarsi sulle sensazioni provate può liberare contenuti che, pur essendo rimossi, continuano a sostenere modalità ripetitive e reattive a qualcosa che non sappiamo neppure cosa sia. Queste sono solo fasi e passaggi dell’esperienza meditativa ma possono essere preziosi strumenti di benessere per chi li sperimenta.

Il mondo meditativo e il mondo emotivo per la mia personale esperienza sono profondamente legati. Le emozioni sono state per me incastrate nelle sensazioni del corpo[6], nei sintomi che continuavano a ripresentarsi nella mia vita e solo permettermi di ascoltarle una volta per tutte mi ha dato la possibilità di riconoscere il valore del messaggio che portavano e di sviluppare, coltivare e nutrire le risorse che avevo lasciato indietro creando così qualcosa di buono per me e per le persone e l’ambiente intorno a me.

Alla ricerca della mia salute ho incontrato nell’ordine la nutrizione intuitiva[7], il movimento e il contatto con la natura[8], le relazioni e la meditazione e infine la musica. Ogni passaggio ha aggiunto un tassello all’ascolto e alla conoscenza di me e ha nutrito e sviluppato il mio essere, o forse sarebbe più corretto dire lo ha spogliato, liberato e lasciato semplice e puro di fronte al tutto.

Ci sono molte buone ragioni per meditare. Sappiamo che la meditazione influisce positivamente sulla salute, rallenta ritmi di vita accelerati, permette di entrare in contatto con le nostre verità, con il nostro senso e lo scopo della nostra vita, ci avvicina alla nostra natura essenziale, quella parte più intima ed elevata dove si fa esperienza della felicità e dell’integrità originale. Meditare significa prendersi cura, è infatti nello stare con ciò che c’è, in presenza e senza giudizio, che possiamo lasciare che la cura si compia. Nel suo significato originale significava esercitarsi e poi riflettere, elaborare e preparare nella mente qualcosa che desideriamo realizzare.[9]

Secondo la revisione di Perez-de-Albeniz e Holmes[10] che hanno analizzato 75 lavori sulla meditazione dal 1989 al 1999 le caratteristiche comuni a tutti i metodi meditativi sono: rilassamento, concentrazione, stato alterato di coscienza, sospensione dei processi di pensiero logico e razionale, presenza di un’attitudine all’auto-coscienza e all’auto-osservazione.

Non sono esperta di meditazione, ma ho integrato nella mia vita la possibilità di essere in quello stato contemplativo che permette di godere della meraviglia di essere vivi. La contemplazione, intesa come osservazione attraverso il silenzio della mente senza definizione, lasciando le cose libere di essere ciò che sono, tiene vivo quello sguardo colmo di meraviglia ed entusiasmo che hanno i bambini nell’approcciarsi alla realtà prima dell’interferenza del giudizio.

Gli studi scientifici sul valore della meditazione sono cresciuti moltissimo dagli anni 70 ad oggi a partire dalle esperienze di meditazione trascendentale[11]. Oggi sappiamo che le pratiche meditative hanno la capacità di ridurre i livelli di cortisolo, noto come ormone dello stress, sia basali che indotti da stress[12], apportano benefici documentabili sulle capacità di attenzione, di autocontrollo, di gestione delle emozioni[13] e di armonizzazione dell’attivazione del sistema nervoso autonomo; sono efficaci nel ridurre il carico allostatico innalzando i parametri di qualità di vita e promuovendo un miglior benessere psico-fisico[14]; sono efficaci nel migliorare le performance cognitive[15], la regolazione emotiva e il tono dell’umore[16], sono inoltre in grado di regolare la risposta immunitaria[17] attraverso una inibizione del principale fattore nucleare di attivazione dei geni infiammatori, NfkB[18]. E’ stato dimostrato che migliorano la percezione del dolore[19], riducono la fatica e agiscono sul sistema cardiovascolare[20]. Dati interessanti riguardano la capacità della meditazione di modificare l’anatomia cerebrale.[21] In un confronto tra le strutture cerebrali di persone che praticavano meditazione da molto tempo e un gruppo di controllo è risultato che i meditatori presentavano una maggiore quantità di materia grigia nel lobo dell’insula, zona del cervello che regola la consapevolezza dei propri stati fisici interiori e nelle aree della percezione sensoriale. La meditazione quindi, tra le altre cose, allena l’abilità di percepire il proprio corpo ed espande le capacità sensoriali quando ci si concentra sul respiro, sui suoni e sull’esperienza del momento presente. Maggior materia grigia è stata osservata anche nella corteccia frontale legata a funzioni come la memoria e la capacità di prendere decisioni. Pare che la meditazione possa essere definita come un allenamento che suscita nel cervello qualcosa di molto simile a ciò che l’esercizio fisico induce nel corpo.[22] Un dato estremamente interessante riguarda anche la stabilità che i risultati della meditazione sembrano avere su tali modifiche della struttura cerebrale[23]. Modifiche significative di spessore delle aree di integrazione prefrontali, a livello dell’insula e delle regioni della corteccia somatosensoriale  sono state osservate anche in uno studio su principianti analizzati prima e dopo l’applicazione del training MBSR (Mindful Based Stress Reduction) di 8 settimane[24] che utilizzava tecniche di riduzione dello stress attraverso la consapevolezza. L’aumento della sostanza grigia nelle aree corticali che sono responsabili delle integrazioni ed elaborazioni delle informazioni raccolte, la riduzione dell’amigdala[25] e l’incremento del volume dell’ippocampo[26] sono dati particolarmente significativi in quanto chiarificano il ruolo della meditazione nel ridurre lo stress emotivo e agevolare nuove modalità comportamentali coerenti e adatte alla situazione presente. L’amigdala è infatti responsabile della salienza delle esperienze emotive. Essa permette di valutare l’importanza e l’urgenza di una risposta influenzando una “via veloce” che, senza coinvolgere la coscienza, è in grado di attivare sistemi percettivi creando uno stato di allarme e di aumentata attenzione nei confronti di aspetti potenzialmente pericolosi dell’ambiente. Questo sistema permette di reagire prontamente senza aspettare l’attivazione dei processi consci.[27] Tale via è sicuramente di profondo valore consentendo risposte di sopravvivenza, tuttavia non sempre risulta essere adeguata al momento presente. Capita infatti che ciò che viene percepito di “vitale importanza” abbia poco a che fare con reali pericoli ma sia legato ad esperienze traumatiche del passato non elaborate correttamente. La meditazione risulta essere un prezioso strumento capace di rallentare tali meccanismi auto-reattivi che si sono consolidati a partire da esperienze non elaborate e permette di elaborare nuove strategie maggiormente connesse con le possibilità del presente.

Accanto alla Mindfulness di Jon Kabat-Zinn, ideata negli anni 70 con lo scopo di avvicinare un pubblico di occidentali non esperti alla filosofia e alla pratica meditativa buddhista, un altro metodo meditativo che combina la conoscenza scientifica delle relazioni mente-corpo attraverso la moderna visione dell’organismo umano come network e le antiche filosofie orientali è il metodo PNEIMED[28],[29] messo a punto da Antonia Carosella e Francesco Bottaccioli. Tale metodo oltre a fondere tradizione e modernità, attingendo alla scuola buddhista Mahayana e alle più recenti scoperte scientifiche circa il funzionamento del corpo in ottica PsicoNeuroEndocrinoImmunologica[30] mette in risalto un elemento fortemente altruistico e sociale in quanto la scuola Mahayana accanto alla costante pratica individuale della concentrazione (samatha) e profonda visione (vipassana) porta attenzione al sentiero del bodhisattva, colui il quale pur avendo raggiunto la buddhità rinuncia alla propria liberazione dal ciclo delle rinascite (samsara) per aiutare altri individui a diventare a loro volta bodhisattva.[31]

E’ a questo profondo valore sociale di condivisione e collaborazione, partendo dalla pratica esperienziale su di sè e nella propria vita, che mi sembra utile portare attenzione come possibilità per una evoluzione collettiva, in quanto non siamo una rete solo come cellule all’interno del nostro singolo corpo, come famiglie, come gruppi di lavoro, ma anche come parti di un sistema più complesso, l’ecosistema terrestre in cui ogni essere è interconnesso a tutti gli altri e se vogliamo possiamo estenderci ancora di più.

Una volta conosciuto profondamente il proprio mondo interiore e percepita la reale interdipendenza con gli altri il passaggio successivo è imparare a coltivare una comunicazione efficace, contingente[32], empatica e non violenta per poter realizzare, come piace dire a me, importanti e potenti azioni d’amore che abbiano la funzione di creare novità e benessere, non compromessi ma reali accordi per il bene comune.

Questa credo sia la missione di noi tutti in questo tempo nuovo: una reale evoluzione collaborativa[33], creare armonia e nuove soluzioni a nuovi problemi che abbiamo contribuito a creare solo perché non eravamo abbastanza consapevoli del nostro valore e del nostro potere. Oggi possiamo riprenderci le nostre responsabilità, rinnovare il significato della parola potere e fare del nostro meglio per il bene comune e collettivo che altro non è che il miglior bene per il nostro individuale benessere. Forse meditando possiamo diventarne consapevoli e accorgerci che solo se il bene è per tutti è reale bene.

Il mio desiderio nello scrivere queste righe è invitare te che leggi a riprenderti la responsabilità per la tua vita e quella del mondo in cui vivi. Il mio stimolo evolutivo come probabilmente quello di molti nasce per risolvere personali problemi, si spinge poi al bene di mio figlio e delle generazioni future e infine del mondo intero. Non possiamo fare tutto ma ognuno può fare la sua parte.

“Ogni pensiero creativo è sempre il frutto di contaminazioni tra punti di vista ed esperienze diverse”[34]ed è per questo che dobbiamo imparare a stare in relazione in modo efficace.

Tutti conosciamo forse la comunicazione non violenta[35]  ma pochi nella vita di tutti i giorni la applicano davvero. In questo tempo in cui ci siamo sentiti imprigionati, separati, soli, dove qualcuno si è sentito privato della propria libertà, qualcuno ha avuto paura, qualcuno si è sentito sbagliato, inadeguato, pericoloso ed altri in pericolo. In questo tempo in cui siamo stati in casa impossibilitati in molto del nostro agire quotidiano siamo stati dentro. Dentro di noi, dentro i nostri mondi irrisolti, dentro le nostre emozioni più profondamente nascoste e radicate. In questo tempo io ho scelto di meditare in molti modi. So che sono fortunata, so che ho potuto farlo mentre altri erano preoccupati per la sopravvivenza, desidero per questo condividere quello che ho sentito profondamente. Ho sentito che è giunto il tempo di cambiare il linguaggio con cui ci parliamo e parliamo a chi è al nostro fianco e che utilizziamo per raccontare chi è “lontano/diverso” da noi. E’ giunto il tempo in cui possiamo riconoscere di essere una cosa sola e possiamo capire che criticare e insultare l’altro equivale a fare lo stesso con noi. E’ giunto il tempo in cui le storie di salute possono cambiare le loro narrazioni e anche il virus[36],[37] può essere amico e portatore di informazioni nuove utili e importanti per chi saprà raccoglierle. E’ giunto il tempo in cui la malattia sarà Benattia e la lotta diventerà tolleranza, adattamento,  e collaborazione, nuovi modi, nuovi progetti, nuove regole.

E’giunto il tempo in cui i sogni potranno essere realizzati perché chi li sogna inizierà a credere di poterli realizzare. Sembrano tante cose e forse anche slegate ma sono una cosa sola come lo siamo noi. E ogni sorriso e atto di gentilezza permetterà di sostenere e far crescere la bellezza che è intorno a noi, anche quella che ancora non riusciamo a comprendere. Se è vero che ognuno di noi ha un senso e uno scopo è vero che ogni persona su questa terra può essere sostenuta con amore. Questo sia chiaro non vuol dire che tutto quello che accade vada bene, vuol dire prendersi la responsabilità di dire quello che sentiamo stonato rispetto ai nostri valori e all’armonia che vorremmo sentir vibrare. Vuol dire prenderci il tempo e la responsabilità di comprendere e sentire dentro di noi a cosa è dovuto tutto ciò evitando di delegare all’altro le ragioni del nostro percepire stonature. E’ il tempo di imparare a comunicare i nostri bisogni, dopo aver imparato a sentirli e riconoscerli, è il tempo di curare le nostre ferite senza nascondercele, senza lasciare che sotto la pelle restino infette perché non osiamo guardarle ancora un’ultima volta (forse) per togliere quel qualcosa che ancora le infiamma.

Contempliamo, accogliamo ed agiamo secondo i nostri valori più profondi. Saremo sicuramente felici e coltiveremo l’amore.

EVOLVIAMO INSIEME

“La filosofia antica unisce strettamente la riflessione astratta con la pratica di vita. La filosofia è un modo di vivere, è ricerca della saggezza.” [38]

La mia proposta di pratica parte dall’osservazione delle piccole cose della vita, dal modo in cui ci alimentiamo, ai nostri sintomi, per andare alle nostre storie, quelle che abbiamo vissuto e quelle che ci hanno raccontato, alle relazioni con la nostra famiglia, alle note emotive che fanno da colonna sonora al nostro quotidiano. Osserva il tuo modo di stare nel mondo e rifletti per scovare in tutto questo le tue azioni d’amore che sono ancora imprigionate in qualche trappola nascosta. A volte sono prigioni d’oro a volte porte che ci tengono lontani dalla vita facendoci credere di provvedere alla nostra sicurezza.

Oggi ti invito ad usare tutti gli strumenti che hai a disposizione per fare la tua parte. Probabilmente la stai già facendo ma se sentissi che non è abbastanza prova a guardare cosa c’è intorno a te, cosa vedi, cosa ti disturba, prova ad ascoltare le tue parole, prova a cambiarle, a renderle più amorevoli e gentili in primis nei tuoi confronti. Prova ad aspettare prima di reagire. Prova ad ascoltare dentro di te, prova a parlare con te, a scrivere ciò che ti attraversa, prova a fare silenzio e a sentire tutto il resto, che è lì, intorno a te, mentre non ti accorgi più della sua esistenza.

Prova. Poi torna nel mondo con il tuo cuore aperto e libero al centro del petto, con i piedi appoggiati a terra saldamente, con la pancia libera di ospitare il tuo respiro, con la testa sgombra da rimuginio[39], con i tuoi valori sul palmo delle mani. Vai così di fronte a chi un tempo ti avrebbe fatto reagire e porta la tua miglior azione, il tuo più grande amore, la tua più grande gentilezza e comprensione. Ascolta mentre resti in ascolto di te e del tuo mondo interiore, concediti di prendertene profondamente cura. Vai lì intero o intera, senza paura. Non hai nulla da perdere, vai. Esprimi con dolcezza quello che è chiaro per te nel tuo cuore, non avere aspettative, ascolta cosa accade dentro e fuori di te, rallenta le risposte immediate, trova nuove soluzioni creative. Così avrai fatto la tua parte e ti assicuro che questo sarà abbastanza.

Un abbraccio grande

Sara Massone

saramassonenutrizionista.it

sara.massone@gmail.com

Bibliografia:

[1] https://deepakchopra.it/

[2] Chopra D., Tanzi R. Super Brain libera il potere esplosivo della tua mente per raggiungere salute, felicità e benessere Sperling&Kupfer

[3] […] L’integrazione può essere definita come un processo attraverso il quale parti separate vengono collegate in un insieme funzionale. Per esempio una famiglia integrata permette ai suoi membri di avere caratteristiche distinte e li incoraggia a rispettare tali differenze mentre li unisce per dare origine a esperienze di coesione familiare. In sistemi familiari integrati di questo tipo le forme di comunicazione presentano una vitalità che riflette l’alto grado di complessità raggiunto attraverso la fusione di due processi fondamentali: differenziazione (le persone che formano il sistema sono individui separati e unici) e integrazione (le persone che formano il sistema entrano in relazione fra loro). Questa miscela di differenziazione e integrazione permette alla famiglia di creare un sistema più ampio della somma delle singole parti che lo costituiscono. Forme integrative di comunicazione aumentano l’individualità di genitori e figli; nello stesso tempo collegano i membri di una famiglia in un unico insieme “noi”, che incrementa il loro senso di connessione con il mondo. (Siegel, Hartzell, Errori da non ripetere come la conoscenza della propria storia aiuta ad essere genitori Raffaello Cortina Editore nuova edizione 2016)

[4] […] per arrivare allo stato meditativo la mente deve passare attraverso quattro distinte fasi distinte e specifiche: attenzione focalizzata, concentrazione sostenuta, contemplazione profonda e infine meditazione.  De Vivo, Lumera, Biologia della Gentilezza le 6 scelte quotidiane per salute benessere e longevità Mondadori 2020

[5] https://ifioridibach.com/

[6] Per approfondire il tema delle emozioni e il loro coinvolgimento nella salute e nelle somatizzazioni vedi Le Emozioni che curano stare bene con la nuova medicina delle emozioni Poli E.F. Mondadori 2019

[7] Massone S. Segnali dal corpo PNEI News 2016 n°3-4 p 17

[8]Massone S. Il movimento nella cura e nell’evoluzione personale Capitolo 10 p.225 in Barsotti N. Lanaro D. Chiera M. Bottaccioli F.  La PNEI e le discipline corporee discipline Edra 2018

[9] De Vivo, Lumera. La biologia della gentilezza, Mondadori 2020 p228

[10] Perez-de-Albeniz, A., & Holmes, J. Meditation: Concepts, effects and uses in therapy. International Journal of Psychotherapy, (2000).

[11] Wallace R.K., Physiological effects of transcendental meditation. Science. (1970)

[12] Pascoe M.C. et al. Mindfulness mediates the physiological markers of stress: Systematic review and meta-analysis. J Psychiatr Res. (2017).

[13] Tang Y.Y. et al. Meditation improves self-regulation over the life span. Ann N Y Acad Sci. (2014)

[14] Nesvold A. et al. Increased heart rate variability during nondirective meditation. Eur J Prev Cardiol. (2012).

[15] Mohan A. et al. Effect of meditation on stress-induced changes in cognitive functions. J Altern Complement Med. (2011).

[16] Nyklíček I., Kuijpers K.F., Effects of Mindfulness-Based Stress Reduction Intervention on Psychological Well-being and Quality of Life: Is Increased Mindfulness Indeed the Mechanism?. Ann Behav Med. (2008).

[17] Jang J.H. et al. Effects of Mind-Body Training on Cytokines and Their Interactions with Catecholamines. Psychiatry Investig. (2017)

[18] Buric I. et al. What Is the Molecular Signature of Mind-Body Interventions? A Systematic Review of Gene Expression Changes Induced by Meditation and Related Practices. Front Immunol. (2017).

[19] Zeidan F., Vago D.R., Mindfulness meditation-based pain relief: a mechanistic account. Ann N Y Acad Sci. (2016)

[20] Younge J.O. et al. Mind-body practices for patients with cardiac disease: a systematic review and meta-analysis. Eur J Prev Cardiol. (2015).

[21] Fox K.C. et al. Is meditation associated with altered brain structure? A systematic review and meta-analysis of morphometric neuroimaging in meditation practitioners. Neurosci Biobehav Rev. (2014)

[22] Lazar s.w. et al Functional brain mapping of the relaxation responce and meditationin Neuroreport, (2000)

[23] Desbordes G. et al. Effects of mindful-attention and compassion meditation training on amygdala response to emotional stimuli in an ordinary, non-meditative state. Frontiers in Human Neuroscience (2012)

[24] Santarecchi et al. Interaction between neuroanatomical and psychological changes after mindfulness-based training. PLoS One (2014) 9 1-9.

[25]De Vivo, Lumera La biologia della gentilezza Mondadori 2020

[26] Boccia M. et al. The Meditative Mind: A Comprehensive Meta-Analysis of MRI Studies. Biomed Res Int. (2015)

[27] Siegel, Hartzell, Errori da non ripetere come la conoscenza della propria storia aiuta ad essere genitori Raffaello Cortina Editore nuova edizione 2016

[28] Bottaccioli F. et al., Brief training of psychoneuroendocrinoimmunology-based meditation (PNEIMED) reduces stress symptom ratings and improves control on salivary cortisol secretion under basal and stimulated conditions. Explore (NY). (2014)

[29]Bottaccioli AG et al. Psychoneuroendocrinoimmunology-based meditation (PNEIMED) training reduces salivary cortisol under basal and stressful conditions in healthy university students: Results of a randomized controlled study. Explore (NY). (2020)

[30] Per approfondire il modello PNEI: Bottaccioli F. Bottaccioli AG, PNEI e scienza della cura integrata, il Manuale, Edra Ed.2017

[31] Carosella, Bottaccioli, Bottaccioli. Meditazioni passioni e salute tecniche nuove seconda edizione 2020

[32] […] da un punto di vista biologico, le modalità con cui le comunicazioni interpersonali modellano le strutture neurali da cui emerge il senso del sé possono essere descritte come segue. Quando inviamo un segnale, il nostro cervello è recettivo nei confronti delle risposte degli altri a tale segnale; le risposte si inscrivono quindi nelle mappe neurali che formano il nostro senso di noi stessi. In altre parole si crea nel nostro cervello una rappresentazione neurale del “sé visto dall’altro” che diventa un aspetto centrale del senso di identità. Se le risposte sono contingenti i meccanismi neurali generano un senso interno di coerenza che caratterizza la sintonia stabilitasi fra noi e l’altra persona… Una risposta è contingente quando la qualità, l’intensità  e i tempi dei segnali altrui riflettono chiaramente i segnali che noi abbiamo inviato… Quando la comunicazione non è contingente, in particolare nel rapporto genitore figlio per il bambino il mondo diventa un luogo insicuro origine di incertezza e ansietà. (Siegel, Hartzell, Errori da non ripetere come la conoscenza della propria storia aiuta ad essere genitori Raffaello Cortina Editore nuova edizione 2016)

[33] Per approfondire in termini biologici ed evolutivi i fattori di interazione cooperazione e organizzazione: Michele Sarà L’evoluzione costruttiva, UTET 2005

[34]Carosella, Bottaccioli, Bottaccioli. Meditazioni passioni salute tecniche nuove seconda edizione 2020

[35] Rosemberg. Le parole sono finestre (oppure muri) introduzione alla comunicazione non violenta Esserci nuova edizione 2019

[36] Enard D. et al. Viruses are a dominant driver of protein adaptation il mammals eLIFE (2016)

[37] Uricchio L.H. et al. Exploiting selection at linked site to infer the rate and strength of adaptation. Nat Ecol Evol. (2019)

[38] Carosella, Bottaccioli, Bottaccioli. Meditazioni passioni salute tecniche nuove seconda edizione 2020

[39] Ramel, W., Goldin, P. R., Carmona, P. E. & McQuaid, J. R. Te efects of mindfulness meditation on cognitive processes and afect in patients with past depression. Cognit. Ter. Res., https://doi.org/10.1023/B:COTR.0000045557.15923.96 (2004)

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Per rimanere in contatto con noi e ricevere informazioni sugli ultimi articoli, video, webinar ed iniziative pubbliche che proponiamo, lascia qui la tua email

    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

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