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by Jerry Diamanti

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Sebbene molti psicologi ritengano che la coscienza consista di diversi livelli di consapevolezza come suggerito da Freud, molti non si rendono conto di poter esplorare tali livelli  per mezzo dell’intento in modo da orientare la consapevolezza del cursore della loro mente superficiale nei regni interiori del loro essere (Arka, 2003). Questa è un’abilità naturale, ma per le persone che hanno dimenticato quest’arte, alcuni metodi di meditazione basati sulla consapevolezza somatica e focalizzati sul cuore  possono essere d’aiuto. Dal momento in cui possiamo reindirizzare consapevolmente la nostra attenzione superficiale ai regni interiori, gli strati più profondi iniziano automaticamente a risvegliarsi.

Questo porta ad un viaggio di scoperta del Sé che, se intrapresa con la massima serietà, può condurre il praticante allo stato di coscienza illuminato. Secondo il Sanatana Dharma, la filosofia spirituale dell’India, la realizzazione della natura illimitata del Sé, che ci porta oltre il nostro ego e l’identità, è una forma perenne di guarigione (Sri Nisargadatta Maharaj in Louchakova, 2007).

Inizio dalla premessa che per capire la struttura della coscienza di un altro, per prima cosa è necessario conoscere l’organizzazione topografica della nostra coscienza. La teoria qui esposta si basa sulle esperienze personali di Arka (2013) e dei suoi allievi. E ‘nota come “Sei principali livelli di coscienza” e, poiché i livelli più profondi sono collegati alle sensazioni, i sentimenti e le emozioni, è importante imparare di più su di queste, soprattutto come molti disturbi mentali sono collegati alle emozioni. Questa teoria si basa sull’idea che un’intelligenza non materica si manifesta attraverso tutte le forme, una posizione nota come monismo qualificato. Poichè facciamo parte di questa intelligenza, possiamo investigare la natura della nostra coscienza. In questo scritto svelo i diversi livelli mentali che Arka (2013) menziona nella sua teoria, come attivare i diversi livelli, la ricerca scientifica nei livelli, le caratteristiche di alcuni livelli più profondi e in che modo è possibile navigare tra i livelli, inclusi quelli correlati alle emozioni. Speriamo che, attraverso questo, avremo un’idea più chiara di quali disturbi mentali potremmo riconsiderare e anche di come ripristinare la salute mentale.

Background
In Oriente, la natura della coscienza è stata studiata per migliaia di anni. Nella tradizione cristiana poi, anche i Padri del deserto usavano un metodo noto come “Preghiera del cuore” che aveva come scopo la scoperta del “costrutto topologico vivente del Sé” attraverso un’introspezione fenomenologica sperimentale (Louchakova, 2007, p. 82). Successivamente tale preghiera è stata adottata dalla Chiesa ortodossa, ma molto tempo prima, era già usata dagli antichi egizi, dagli ebrei e da altre culture mediterranee. Questa pratica è anche vicina alle tradizioni che coinvolgono l’autoindagine (AtmaVichara), lo shaivismo del Kashmir, così come la tradizione sufi e quella tantrica in India. (Louchakova, 2004). In questa presentazione, ci riferiamo ad un metodo contemporaneo basato sul cuore noto come meditazione intuitiva (IM) in quanto questo è leggermente più facile della “Preghiera del cuore” e può essere praticato da tutti indipendentemente dalla loro religione. Ha anche una teoria collegata, che può essere provata scientificamente con maggiore facilità.

La Teoria dei Sei Principali Livelli di Coscienza
La teoria dei sei livelli principali di coscienza di Arka (2009; 2013) è collegata alla definizione di Pura Coscienza, che lui considera come “un’entità potente ma principalmente non fisica che è il punto cardine di tutta la vita e attiva i sensi in ogni essere vivente. È altamente reattiva, espressiva e attiva molti livelli, specialmente nell’uomo “(Arka, 2013, p. 37). Secondo Arka (2013), nell’uomo questa intelligenza si manifesta anche attraverso un sottoinsieme chiamato “mente” comprendente a sua volta diversi livelli. Dato che siamo parte di questa intelligenza, possiamo usare il cursore della nostra mente superficiale per esplorare la natura della nostra coscienza muovendoci sopra o sotto la nostra mente pensante. Nelle pratiche di consapevolezza somatica come il metodo della meditazione intuitiva, si scende sotto la mente pensante. I diversi livelli mentali che Arka identifica nella sua teoria sono:

1) M (Mente) – Coscienza,

2) SM (Mente Subliminale) – Coscienza,

3) F (Mente Senziente) – Coscienza,

4) H (Emozionale – Cuore) – Coscienza,

5) HS (Cuore – Anima) – Coscienza

6) PS (Puro Sé) – Coscienza (Arka, 2013; Lindhard, 2018).

Il primo livello, Mente – Coscienza (M), coinvolge il pensiero e “si manifesta in superficie alla regione cerebrale e, man mano che viene acuita dalla coltivazione dell’apprendimento, si evolve in una facoltà chiamata intelletto “(p. 37). Mente Subliminale – Coscienza (SM) o mente subcosciente, è al di sotto della mente superficiale e governa molte delle nostre attività quotidiane. Il Suo potenziale e la sua capacità “possono sembrare incredibili alla mente superficiale” (p. 37). Il livello successivo è quello della Mente Senziente – Coscienza (F) e comprende il sentimento. “Questa consapevolezza dei sentimenti in generale prevale nell’area del cuore e può quindi essere chiamata il Cuore della Coscienza del Cuore. Include una facoltà emotiva chiamata intuizione “. (p.37). Il quarto livello del Cuore Emozionale -Coscienza si sovrappone in qualche modo con il livello Mente Senziente – Coscienza. Qui “la presenza della mente superficiale è ridotta, ma è più integrata la presenza della mente subliminale. È formata dalle impressioni raccolte attraverso tutto ciò che hai imparato e sperimentato insieme attraverso la memoria della tua personalità “(pagg. 37-38). Il quinto livello, Cuore-Anima – Coscienza (SA) “è tra il cuore più profondo e l’ultimo essere essenziale (Anima). Qui (il praticante) sperimenta lo spazio interiore e l’universo mistico, dove le leggi della fisica iniziano a essere riassorbite e (uno) è condotto a sperimentare molte realtà alternative e possibilità che danno accesso alla propria anima “(p. 38). Anche il praticante diventa più connesso alla Natura e alle forze dell’Universo. Anche se Arka afferma che ci sono altri strati tra questi livelli che sono difficili da spiegare, l’ultimo e sesto livello che menziona è quello del Puro Sé – Coscienza (PS). Un altro nome per questo livello è Coscienza del Nucleo ed essa comprende “l’essenza stessa di tutta la tua presenza e di tutto ciò che senti, pensi e fai. È identificata come Anima o Sé “. (Arka, 2013, p. 38).

Risveglio o ritorno al risveglio degli strati più profondi
Mentre Arka (2013) parla di riavvolgere la nostra coscienza superficiale, il termine ri-risvegliare i  diversi livelli è probabilmente più preciso. Iniziamo il nostro viaggio alla scoperta del Sé da dove siamo al momento. Arka (2009) identifica la parte dell’individuo che si impegna in questo viaggio interiore, come “consapevolezza dell’Io”, “ego consapevolezza cosciente dell’Io” o “ego consapevolezza dell’Io”. Questa è il fulcro dei ricordi che compongono la nostra personalità. A questo punto, la maggior parte di noi ha sviluppato la nostra mente pensante, che, coltivata, si è sviluppata in intelletto. Questo livello è associato alla superficie della regione cerebrale del cervello. Poiché questa è solo la parte superficiale della nostra coscienza, abbiamo bisogno di dirigere il cursore della consapevolezza della nostra mente per andare avanti, sotto o sopra di essa. Siccome andare sotto è più facile (Arka, 2013), nel metodo Intuitive Meditation, i praticanti usano il tocco manuale per dirigere il cursore della mente e per andare dove vogliono che esso vada.
Nelle fasi iniziali, il praticante non combatte con la sua natura pensante o la sua mente, ma la invita ad andare dove vuole attraverso il tocco cosciente di 19 diverse parti del corpo. Quando è in combinazione con una respirazione ritmica e  una particolare vibrazione sonora, questo diventa un modo relativamente semplice per educare la mente superficiale a sottomettersi alla nostra volontà e al nostro intento. Questo metodo risveglia anche gli strati più profondi portando sempre più livelli di coscienza profondi alla consapevolezza. All’inizio e alla fine della pratica, questo metodo è anche accompagnato da un gesto che invita il praticante a portare la propria consapevolezza verso il centro della parte superiore del torace, noto come il centro del cuore.

Riavvolgimento della coscienza superficiale e sviluppo del corpo
Sembra che ci sia una relazione inversa tra riavvolgere la nostra coscienza superficiale e la sequenza del nostro sviluppo anatomico (Lindhard, 2020, in corso di stampa). Questa ipotesi potrebbe fare un po ‘di luce sull’organizzazione topografica dei livelli che incontriamo intraprendendo il viaggio interiore, così come su dove e perfino come, i disturbi potrebbero localizzarsi nel corpo. Questo potrebbe portare a una maggiore comprensione di alcuni disturbi somatici e comprendere l’ubicazione di ciò che Freud ha definito inconscio, un termine che ha reso popolare nella sua teoria psicoanalitica (Lindhard, 2020, in corso di stampa).

Esperienze individuali e similitudini con altre persone
La storia della vita di qualcuno non è mai è la stessa di quella di un altro. Questo vale anche quando intraprendiamo il viaggio interiore. Ogni persona avrà le proprie esperienze uniche. Arka (2009; 2013), tuttavia, propone che vi sia una certa comunanza rispetto ciascuno dei livelli principali di coscienza che incontriamo nella nostra ricerca del Sé più profondo, che può essere scoperto e sperimentato dai praticanti. Anche gli scienziati possono apprendere qualcosa su questi livelli interrogando i praticanti sulle loro esperienze. Questo approccio è stato utilizzato durante la costruzione della scala nota come Feeling Consciousness Scale (FCS) (Lindhard, 2016). Le variabili ottenute provenivano da persone che avevano praticato regolarmente il metodo IM per circa due anni, supponendo che la consapevolezza dell’esperienza di questo gruppo, avrebbe potuto informare sulla qualità di coscienza che un principiante di IM potrebbe incontrare. Questo approccio può essere utilizzato anche per gli altri livelli, anche se bisogna ricordare che ogni persona parte da una diversa consapevolezza dei diversi livelli e progredisce al suo ritmo, quindi non possiamo avere una funzione lineare elaborando le variabili collegate ai livelli in funzione del tempo di pratica del metodo. Spesso avviene anche che  solo a posteriori alcuni praticanti possono identificare più facilmente gli aspetti della coscienza sperimentata durante un certo stadio.

Risultati scientifici relativi all’IM

I vantaggi complessivi di questo metodo devono ancora essere studiati scientificamente, ma la ricerca rispetto al terzo livello usando un disegno a misure ripetute, ha rivelato una differenza significativa di livello .001 tra i punteggi. In questo studio, 31 partecipanti hanno compilato la Scala della sensibilità mentale (FCS) prima e dopo aver partecipato a cinque sessioni di formazione IM distribuite su 6 settimane (per un totale di 13,5 ore). La seconda volta che la scala di misura è stata gestita, sono state aggiunte diverse domande aperte.
Sia i punteggi della scala che le domande aperte indicavano che i partecipanti avevano riscontrato una maggiore consapevolezza basata sul sentire dopo aver ricevuto una formazione in IM (Lindhard, 2016; 2017; 2018). I risultati di questo studio sono indicativi e devono essere ripetuti usando una dimensione più grande del campione che includa anche più partecipanti maschi. Anche gli altri livelli devono essere oggetti di ricerca.

Preghiera del cuore
Sebbene non ci siano studi quantitativi sul metodo noto come Preghiera del Cuore, resoconti fenomenologici indicano che si ha  uno spostamento (della consapevolezza n.d.t.) dalla mente della testa alla mente del cuore. Nelle sue fasi iniziali, questa inizia “associando la ripetizione di nomi divini. . . con il senso somatico di sé nel petto “(Louchakova, 2005, p. 295).
Tuttavia, nella forma “contemporanea accelerata”, l’attenzione iniziale è fissata al petto per accedere alla “mente del cuore” gnostica. . . Da qui, l’analisi fenomenologica della Preghiera del cuore scopre la struttura interiore della coscienza all’interno di questa “mente del Cuore “in contrapposizione a” mente della testa “” (Louchakova, 2005, p. 295). Qui vediamo una distinzione tra la mente pensante e la mente del cuore. Inoltre, sottolinea come “i dati dei focus group mostrano che la coscienza intenzionale è associata al la testa di solito consiste invece di costrutti auto-riflettenti, analitici / sintetici, basati sulla logicaall’esperienza vissuta nel petto “(Louchakova, 2005, p. 295). In questo, la Preghiera del cuore è coerente con le esperienze dei livelli iniziali delineati da Arka (2013) nella sua teoria (Lindhard, 2016).

Sensazioni, emozioni e livelli di coscienza
Mentre scendiamo dalla mente logica pensante ed entriamo negli strati più profondi del nostro essere, il nostro modo di esperire la coscienza cambia. Diventa più basato sul sentire. La Scala di Sensibolità Mentale FCS sviluppata per la sperimentazione scientifica è costituita, tra l’altro, di variabili come la sensazione di pace, l’intuizione, la centratura, la consapevolezza di se stessi, la presenza nel corpo, i pensieri più calmi e la sensazione di energia.
Nello studio di Lindhard, i punteggi della scala e le risposte alle domande aperte, hanno confermato il cambiamento nella consapevolezza dell’esperienza dei partecipanti rispetto a queste variabili (2016; 2017;2018).
La nostra consapevolezza esperienzale diventa sempre più emotiva mentre andiamo più in profondità, questo è presumibilmente più acuto nelle donne che negli uomini, anche se questo non è stato studiato ancora del tutto.

All’inizio, questo può essere molto sconcertante per il praticante perché, mentre le sensazioni sono come l’acqua, “le emozioni sono come onde” nel mare interno della coscienza “(Arka, 2003, p. 18).
C’è una certa sovrapposizione tra la sensazione e i livelli emotivi di coscienza, in cui le emozioni più superficiali emergono prima alla consapevolezza. Questo livello emotivo è probabilmente connesso con il cuore più profondo menzionato da Prendergast (2019). Ci sono anche onde più profonde, più ritmiche, legate a sentimenti di benessere e felicità che possono essere vissuti dal praticante più esperto.
C’è una credenza secondo la quale i meditanti cavalcano i cambiamenti che avvengono all’interno, lasciando che l’energia si faccia strada attraverso i cosiddetti “blocchi”. Ho notato che questo è difficile per alcuni occidentali; come nel mio caso. Io, come insegnante di IM, quindi, combino una terapia basata sul cuore per aiutare i praticanti a questo livello. Questo rimedio comporta il disaccoppiamento della nostra identificazione verbale con le nostre emozioni trasformando “Sono arrabbiata” con “una parte di me è arrabbiata’. Il solo dire “una parte di me è arrabbiata”, invece di “Sono arrabbiata”, produce un enorme cambiamento nell’esperienza interiore, somatica, e questo può essere verificato da ogni persona nella sua esperienza. Sembra che il nostro corpo non distingua gli eventi esterni dalle storie che raccontiamo a noi stessi attraverso il nostro dialogo interiore di pensieri, quindi cambiando il modo in cui esprimiamo i nostri pensieri, produciamo un cambiamento nella reazione del nostro corpo nei loro confronti (Lindhard, 2015). Il vantaggio di dire “Una parte di me è arrabbiata, ansiosa o triste o qualunque cosa” è che non la neghiamo e non trasformiamo l’energia di quell’emozione come parte della nostra personalità ombra. Questo aiuta l’intrepido esploratore del mondo interiore ad indagare anche dove custodisce le varie emozioni e a cavalcare le esperienze che iniziano ad accadere dentro. Arka (2013) parla di diventare un “Surfista” del mondo interiore e diventare tutt’uno con ciò che sorge. Questo è un’importante suggerimento, che fornisce ai praticanti un indizio su come “cavalcare” queste esperienze interiori.
Dopo aver insegnato il metodo IM per oltre 15 anni, mi rendo conto che abbiamo molte emozioni nella nostra ombra e quando ci rilassiamo in meditazione, esse iniziano ad emergere alla nostra consapevolezza. Sebbene questo possa inizialmente risultare spiacevole, è normale e ci dà l’opportunità di lavorare con la nostra personalità emotiva in ombra. Una volta che l’energia di un’emozione repressa viene portata alla luce, essa perde il potenziale di manifestarsi  quando meno ce lo aspettiamo. Quindi, da questa prospettiva, la salute mentale implica portare alla luce le nostre emozioni d’ombra.

È anche noto che le emozioni che abbiamo in ombra possono essere proiettate su un altra persona o anche su un gruppo di persone. Questo rende particolarmente importante lavorare sullo strato di emotività sia attraverso la terapia, sia surfando le sensazioni durante la meditazione, o in una combinazione di entrambe. È anche possibile che alcune persone scoprano una loro strada attraverso questo strato e ciò potrebbe essere altrettanto efficace.
Le emozioni sembrano essere il collante che tiene al loro posto i nostri vecchi ricordi e nel viaggio di Scoperta del Sé, queste devono essere portate alla consapevolezza cosciente. Fortunatamente, non ci serve portare alla consapevolezza il ricordo dell’evento, ma le sensazioni interiori che lo trattengono in noi. Ho acquisito questa intuizione dal metodo di Levine per curare il trauma noto come “Somatic Experience ” (Levine, & Frederick, 1997).

Nella meditazione e probabilmente anche attraverso altri metodi, a volte il praticante riceve una visione o fa un sogno che lo aiuta a vedere l’evento traumatico da una prospettiva nuova e più ampia.
Ad esempio, i bambini che hanno subito abusi fisici da uno dei genitori possono anche avere  una visione o una sensazione da cui percepiscono che anche la madre o il padre avevano subito abusi fisici quando erano piccoli. Il lavoro di Geldin (1981) sul “Felt Sense” è correlato a questo argomento. “Un Felt Sense non ti arriva sotto forma di pensieri o parole o altre unità separate ma come sensazione corporea (p.32). Questa comprensione, unita alla liberazione della memoria del trauma dalla coscienza più profonda, che avviene surfando le sensazioni ad essa associate che emergono nella meditazione, porta nuova vita nel sistema ed in seguito può essere accompagnata da un sentimento di compassione verso i propri antenati.

Disordini mentali
I disturbi mentali possono essere suddivisi in varie grandi categorie, come quelle collegate alle emozioni come alla personalità, all’umore, all’ansia o a quelle che si basano sui modelli di comportamento della persona come l’abuso di sostanze e i disturbi alimentari.
Come sottolineato, le emozioni che sono nella nostra ombra possono emergere alla nostra consapevolezza superficiale mentre noi stiamo meditando. Sebbene spiacevole, questa è considerata un’opportunità per reintegrarle consapevolmente. Nella nostra vita ordinaria, possono anche venire alla consapevolezza quando siamo provocati, o quando qualcosa nell’ambiente le innesca, comprese le storie interiori che raccontiamo noi stessi. Questo può essere opprimente e indurre la persona ad agire in un modo che è “fuori luogo” e persino indurlo ad agire in modo violento contro se stesso o contro un altra persona.
Un altro meccanismo psicologico è una proiezione che attribuisce la nostra parte o parti d’ombra ad un’altra persona o un gruppo di persone, poi condannando quel tratto in loro.
Lo si può vedere nella reazione eccessiva di alcuni genitori alla rabbia dei loro figli. Quante volte sentiamo gli adulti dire ai bambini in tono di voce arrabbiato “Non dovresti essere arrabbiato”, quando questi stanno vivendo la rabbia? Il genitore spesso preferisce rimproverare la manifestazione di rabbia nel bambino piuttosto che affrontare la sua rabbia interiore.

Per non perdere l’amore del genitore, il bambino inizia uno schema in base al quale  sopprime questa emozione che diventa parte della sua ombra, nascosta agli altri e
peggio ancora, nascosta a se stesso, proprio come quella dei suoi genitori.
Un ulteriore esempio è quando un bambino nasce in una famiglia, i genitori spesso si aspettano che il fratello o la sorella più grandi siano felici. Molti non lo sono, sono gelosi e arrabbiati. Una madre che ha appena dato alla luce il suo secondo figlio ha condiviso con me che il suo primogenito le aveva detto che desiderava che sua sorella se ne fosse tornata  da dove era venuta.

È meglio riconoscere i sentimenti del bambino: – “Sì, posso sentire che una parte di te è gelosa, arrabbiata e confusa, questo è difficile per te perchè prima potevo darti la maggior parte della mia attenzione e ora devi condividerla con tua sorella che è più piccola di te. Sento quanto questo non sia facile per te e sono contenta che tu abbia condiviso i tuo pensieri con me. Forse ti piacerebbe fare dei disegni di ciò che senti ? (Questo aiuta il bambino a identificare le sensazioni interiori). Anche se ora hai una sorella, noi saremo ancora in grado di trascorrere del tempo di qualità insieme. Ti amo moltissimo e quando ti senti  deluso, dimmelo e possiamo parlarne. ” – In questo modo la rabbia e la gelosia si riconoscono, ma come parti, la madre mostra di comprendere la causa dell’emozione e conferma che lei ama il bambino. Inoltre, la madre suggerisce che il bambino possa parlarle del suo o i suoi sentimenti quando gli piace. In questo scenario, l’amore del genitore non è legato al reazione emotiva del bambino e il bambino non ha bisogno di reprimere ciò che sta provando per conservare l’amore della madre.

Le emozioni che abbiamo visto sembrano appartenere a livelli più profondi della nostra coscienza, nei quali il cuore fisico forse gioca un ruolo. Ciò è coerente con le esperienze di circa il 5-15% delle persone che, dopo aver ricevuto un trapianto di cuore, possono attingere ai ricordi del donatore, fino alle loro simpatie o antipatie. Queste informazioni portano a molte domande riguardanti la memoria e la sua conservazione. “Questa è raccolta nel sistema circolatorio cardiaco sotto lo strato del neuroectoderma del cervello, nell’intero strato interno del mesoderma, o nel cuore come organo o addirittura al di fuori del sistema in cui il cuore gioca un ruolo nel suo recupero? ” (Lindhard, 2020, in stampa).

Per quanto riguarda i disturbi legati ai modelli di comportamento, sembra che la persona stia cercando di andare oltre la sua coscienza esperienziale, che poi può venire temporaneamente alterata da una sostanza come una droga o anche dal cibo. Questo potrebbe dare sollievo per un breve periodo da una mente pensante iperattiva o esigente,  mentre esegue un’azione esterna che è piacevole, come mangiare, potrebbe aiutare una persona a sfuggire all’esperienza della sua coscienza. Segnali fisiologici (o “fattori somatici”) collegati a certe emozioni associate a eventi passati, potrebbero anche influenzare queste scelte comportamentali (Damasio et al, 1991). Molte persone preferiscono restare attive piuttosto che sedersi in meditazione, non rendendosi conto che al di sotto della loro coscienza mentale superficiale e l’attivazione dello strato emotivo, ci sono altri livelli che portano un’enorme gioia una volta che le scorie iniziali vengono eliminate.
Poi ci sono i disturbi legati al trauma, come i disturbi da stress post-traumatico.

Qui sopra ho già accennato che il collante che teneva i vecchi ricordi al suo posto può essere un’emozione. Questo può rendere la deattivazione dei nostri ricordi impegnativa, poiché ciò richiede l’attivazione della sensazione associata alla memoria traumatica insieme all’emozione che la tiene fissata, ma questo è molto più facile che attivare il la memoria stessa. Ricordare ed esporci nuovamente alla semplice verbalizzazione di eventi traumatici, secondo Levine (1997), può portare la persona a ritraumatizzarsi. Quindi, da questa prospettiva, una terapia focalizzazione somatica o diventare tutt’uno con le sensazioni in meditazione è un modo in cui possiamo lasciare andare lentamente il nostro passato.
Sintomi più gravi come disturbi psicotici come la schizofrenia sono complessi.

Alcuni casi sono legati a traumi che si sono successivamente aggravati con l’abuso di sostanze.
Le sostanze hanno un grande effetto sulla nostra coscienza esperienziale come le sigarette, l’alcol, le droghe leggere e pesanti. Un mio amico a cui è stata diagnosticata la schizofrenia ha cambiato il suo stile di vita per vedere se questo aiuta con il suo modo di sentire le voci. Questo include smettere alcol, sigarette e caffè. Dichiara che questo ha avuto un effetto positivo e ora prova diverse forme di meditazione (Beyer, 2019). Ammette anche apertamente che era gravemente traumatizzato in una fase della sua vita, quindi sembra che l’eziologia di alcuni disturbi mentali abbia vie molteplici.
L’insorgenza della schizofrenia si verifica spesso anche quando la persona è in una fase vulnerabile della propria vita, come l’inizio dell’adolescenza. Mentre la schizofrenia è vista come un problema medico nella Società occidentale, in molte società tradizionali è vista come una questione spirituale (Edgerton, 1980; Gaines, 2014). Forse le società occidentali potrebbero imparare di più sui modi di gestire certi tipi di disturbi dalle società tradizionali. Molte esperienze sono spaventose quando lo sono ben oltre le nostre normali esperienze, quindi più sappiamo sugli stati, più facile sarà per noi comprendere certe esperienze interiori che sono spesso considerate patologiche. Possibilmente con l’approccio e la formazione giusti, la persona può iniziare ad affrontare il proprio mondo interiore in un modo nuovo.
Esistono anche disturbi noti come disturbi cefalici, che di solito sono condizioni congenite legate allo sviluppo del sistema nervoso. La correlazione dei livelli di coscienza suddetti con gli strati embriologici formati durante lo sviluppo del nostro corpo potrebbero portare a una maggiore comprensione della coscienza sperimentale di individui il cui sviluppo cerebrale è stato arrestato, come bambini con idranencefalia. Questi bambini non sviluppano la mente pensante cosciente dal momento che gli emisferi cerebrali nella regione della corteccia del cervello, sono completamente o parzialmente riempiti da un sacco membranoso pieno di liquido cerebrospinale (Global Hydranencephaly Foundation, 2019), ma ciò non significa che non sperimentino un sensazione di coscienza cuore-mente.

Questo vale anche per le persone che soffrono di altri tipi di disturbi cefalici. Il modello di coscienza qui presentata va oltre quello di alcuni neuroscienziati che considerano la coscienza come un prodotto del cervello. Come suggerito in precedenza, una volta che abbiamo preso in considerazione l’esistenza di diversi livelli di coscienza, possiamo comprendere che alcune persone avendo avuto danni al sistema nervoso nell’età dello sviluppo, possono mantenere alcuni di questi livelli,  anche se potrebbero non essere in grado di sviluppare una coscienza intellettuale. Quando scopriamo e recuperiamo la nostra capacità di accedere a livelli più profondi di coscienza, ci rendiamo conto che l’esperienza di questi livelli più profondi può aggiungere un’altra dimensione alla nostra vita. Ciò implica che l’esperienza della coscienza dei bambini con alcuni disturbi cefalici potrebbe essere soddisfacente ma non necessariamente completa. Tuttavia, in presenza di numerose onde emotive irrisolte,  la loro coscienza esperienziale potrebbe esserne sopraffatta, e a seconda dell’emozione, potrebbero aver luogo scoppi di rabbia con atti aggressivi contro se stessi o gli altri.

Il nostro corpo come contenitore
Viviamo in un corpo che può essere visto come una sorta di contenitore (Arka, 2003). Esso è formato da serie graduali di strati, in cui i geni, l’ambiente e anche un’entità potente di livello non fisico giocano un ruolo fondamentale. Questa entità non fisica come forza può essere vista come un’interezza con tre componenti che sono legate allo sviluppo, al mantenimento e alla distruzione di ogni cellula così come dell’intero corpo materiale di un organismo vivente. In biologia, parliamo di queste tre forze come anabolismo, metabolismo e catabolismo (Bhakti Niskama Shanta, 2015).
Attraverso possibili incidenti che possono avvenire durante la gravidanza, sappiamo che l’ambiente gioca un ruolo importante, principalmente attraverso la madre. “Ciò che le madri mangiano, bevono e sentono, gli ambienti che sperimentano — influenzano quotidianamente lo sviluppo neurale del nascituro “(Scheibel, in Lindhard, 2016, pag. 91). Ciò include l’abuso di sostanze da parte della madre e forse anche i suoi pensieri. Sembra che i nostri pensieri, che possono essere considerati contenere un certo quanto di energia, influenzano il nostro corpo (Lindhard, 2015), ma non sappiamo come i pensieri della madre potrebbe influenzare il corpo in crescita dell’embrione o la sua coscienza.
Nel caso dell’essere umano, la vita uterina si protrae attraverso un lungo periodo e anche dopo la nascita, il bambino dipende per molti anni dai suoi caregivers. Durante questi periodi possono succedere molte cose che modellano la coscienza dell’essere in crescita, soprattutto emotivamente. Sappiamo dall’esperimento denominato le scimmie di Harlow, che i cuccioli di primati hanno bisogno di molto più del semplice cibo e riparo per svilupparsi e manifestare adeguate capacità sociali, perché nell’esperimento quando il contatto con una madre viva era assente e gli infanti erano accuditi da una madre di tela o filo di ferro, le scimmie neonate una volta reintrodotte nella loro tribù non sapevano come relazionarsi.  Sembra che negli umani i bambini, come quei cuccioli di scimmia, hanno bisogno di affetto, sentimento e contatto per sviluppare adeguatamente le loro abilità sociali. Negli esseri umani, parliamo di amore e l’amore della madre è sempre stato considerato veramente speciale.

Esperienze passate
Tutti abbiamo vissuto esperienze negative durante la nostra vita, alcuni più di altri;
queste esperienze sono destinate a lasciare un segno nella nostra coscienza. Esse possono influenzare radicalmente le nostre vite, ma come e quanto è difficile da dire. Lo sviluppo della coscienza della mente pensante e le nostre capacità intellettuali sono molto apprezzate nella nostra società ma questo non significa che le nostre capacità emotive siano altrettanto ben evolute. Il modello qui presentato, suggerisce che ci sono sentimenti e livelli emotivi al di sotto del nostro livello mentale superficiale di coscienza, dove la mente del cuore gioca un ruolo chiave. Questo è supportato da Armor (1991; 2007; 2008) che ha dimostrato che il cuore ha un proprio sistema nervoso intrinseco e da McCraty (2009) che ha scoperto che il cuore invia più segnali al cervello che viceversa. È stato qui suggerito che attraverso la nostra volontà possiamo dirigere il cursore della nostra mente negli strati più profondi del nostro essere e riavvolgere la nostra storia in modo che possiamo trovare la nostra vera natura del Sé più profondo che pervade il nostro essere ed è al di là di esso. Questa esperienza ha un enorme impatto sulla persona. Santi e saggi di tutte le tradizioni che seguono un percorso mistico sono una testimonianza del enorme cambiamento che sperimentano attraverso questa esperienza. Tuttavia, non tutti gli individui sono interessati o disposti a intraprendere questo viaggio interiore fino alla fine, ma come ho indicato in questo documento, ci sono enormi vantaggi se possiamo riconnetterci al nostro sentire, cuore, mente e anche superare le emozioni superficiali che iniziano a manifestarsi durante le fasi iniziali del nostro viaggio interiore.
Imparare a sviluppare la nostra mente intellettuale non è sufficiente per una piena soddisfazione a tutto tondo nella vita.
È noto che le emozioni possono influenzarci o influenzare i processi decisionali umani (Lowenstein, & Lerner, 2003; Pfister & Böhm, 2008) e se queste decisioni si basano su questioni emotive irrisolte che hanno a che fare con il nostro passato, questo può avere enormi conseguenze per noi e anche per le altre persone, specialmente se si occupa una posizione di potere.

Discussione e conclusioni
La buona notizia per gli esseri umani è che, nonostante le esperienze negative legate al nostro passato, noi o a almeno la maggior parte di noi, può rielaborare lo stato superficiale della coscienza e integrare gli  eventi passati in nuovi modi, sia che lo facciamo attraverso la meditazione, la terapia o attraverso la scoperta del Sé. Non abbiamo certezza se questo sia possibile a tutti, ad esempio un abuso di sostanze in varie fasi della nostra vita può lasciare il nostro sistema seriamente compromesso. Nella tradizione yogica dove il praticante cerca l’unione mistica tra lo spirito individuale o il sé e l’Universo (Ayush, n.d. para 1), il praticante spesso segue una dieta rigorosa, ma questo argomento va oltre la nostra analisi qui.
Questo approccio getta nuova luce sui disturbi mentali, suggerendo che molte patologie correlate alle emozioni possono essere superate se la persona è disposta a iniziare un viaggio interiore attraverso un metodo da cui è attratta. Per questo, probabilmente abbiamo bisogno di più persone che possono facilitare gli altri nel loro viaggio se hanno bisogno di aiuto.
Basandoci sulla teoria dei sei livelli principali di coscienza, possiamo comprendere che lo sviluppo della coscienza della mente pensante non è la storia completa e al di sotto della coscienza mentale relativa alla parte neurale dell’encefalo, abbiamo altri livelli a cui possiamo attingere e riavvolgere la nostra storia biografica ed includere l’integrazione di esperienze traumatiche in un modo nuovo. Questi  livelli sono probabilmente connessi con lo strato del meso- (derma) interno (Lindhard, 2020, in corso di stampa).
Dobbiamo riconoscere che lo sviluppo della nostra capacità intellettuale non porterà una completa soddisfazione e che le persone, in particolare i più giovani, hanno bisogno di affetto, sentimenti e contatto per sviluppare adeguatamente le proprie abilità sociali. La tendenza delle madri a tornare al lavoro quando il il bambino è ancora molto piccolo può causare deficit nello sviluppo emotivo e per noi è necessario essere consapevoli di questo. Anche il nostro sistema educativo attuale, che è principalmente dedicato  allo sviluppo della capacità intellettuale dei bambini, deve  esserne consapevole e forse considerare di combinare la formazione intellettuale con  modi per superare le complessità emotive  (Lindhard, 2019).
Se i responsabili delle politiche diventano consapevoli della necessità dei bambini di un’adeguata presenza materna e dell’importanza di questo per la loro stabilità emotiva, potrebbero cercare un modo per dare  incentivi finanziari alle madri in modo che queste possano prendersi cura dei propri figli per un certo periodo prima di tornare al lavoro.
Ciò potrebbe non solo far risparmiare ai contribuenti migliaia di euro necessari per assistere le persone con problemi emotivi più avanti nella loro vita, ma potrebbe anche aiutare a creare una società più stabile ed equilibrata.

A livello teorico, la teoria dei Sei Principali Livelli di Coscienza indica che la nostra
Consapevolezza Mentale pensante è solo uno dei livelli possibili e al di sotto di questo abbiamo altri livelli che possono essere raggiunti e sperimentati dirigendo il cursore della nostra attenzione mentale ai livelli più profondi.
Dalla prospettiva presentata, abbiamo una “mente” connessa con il pensiero e il cervello, ma al di sotto di questa abbiamo una mente basata sulle sensazioni e i sentimenti che comprende diversi livelli connessi con il cuore. Ciò non significa che questi strati più profondi non si riflettano in alcune aree del cervello, ma sembra che le sperimentiamo attraverso il corpo. Alcune esperienze precoci potrebbero anche precedere lo sviluppo neurale. Abbiamo anche spiegato che al transito
attraverso i vari livelli, dobbiamo imparare a surfare le onde dell’esperienza che si verificano nel mare della nostra coscienza interiore. Consentire alle nostre emozioni, che sono nell’ombra o sono legate al passato per via di eventi traumatici, di arrivare alla nostra consapevolezza cosciente, ci permette di trasmutare l’energia
a queste correlata . Quando possiamo distinguere ciò che sta accadendo fuori in un modo che non è più influenzato dalle nostre emozioni inconsce, possiamo agire in modo più appropriato, piuttosto che reagire in un modo condizionato dal nostro passato. Come le emozioni sembrano perdere il loro potere quando sono riconosciute, portarle alla luce della consapevolezza potrebbe lasciar emergere molti cambiamenti, compresa la nostra tendenza a proiettare le nostre emozioni non riconosciute sugli altri.
I suggerimenti qui presentati giustificano un’indagine scientifica più approfondita:  imparare a navigare le sensazioni mitigando l’effetto dei traumi e a portare alla luce della consapevolezza cosciente l’ombra degli aspetti emotivi della nostra personalità, come la rabbia, sembrano esser requisiti necessari per la salute mentale e per la creazione di una società basata sul sentire, più armoniosa, sensibile e consapevole.

Tina Lindhard

consol.tina@gmail.com

.
Acknowledgments: I am very grateful to the philosopher and yogi Srinivas Arka who inspired and encouraged me to think, feel, and see things in their true perspective, through science, logic, and intuitive experience.

References
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https://www.psychologicalscience.org/publications/observer/obsonline/harlows-classic-studiesrevealed-the-importance-of-maternal-contact.html
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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

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    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

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    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

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    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

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