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by Alberto Paolucci

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YANANTIN, LA SACRA DUALITA’ DEL MASCHILE E DEL FEMMINILE.
INTERVISTA A MARTINA MAMANI. Di Luigi Jannarone

Martina Mamani è arrivata finalmente in Italia. E’ l’erede di un’antica tradizione spirituale che arriva dalle Ande del Perù, la sua famiglia da parte di padre sono da generazioni i sacerdoti guardiani del Tempio di Wiraqocha in Perù, mentre da parte di madre sono curanderos specializzati nell’uso terapeutico delle piante e delle erbe. Martina fin da piccola è stata scelta come depositaria della sapienza di questi due lignaggi famigliari ed è stata istruita per portare al mondo il messaggio degli antenati. Ecco cosa ci ha raccontato in questa intervista.

Martina è la tua prima visita in Italia, potresti presentarti al pubblico italiano?
A nome dell’Apu Kuntiki Wiraqocha saluto tutti. Vengo dal Perù, dal dipartimento di Cusco, comunità di Raqchi, e sono qui in Italia per condividere la medicina dei miei antenati, per aiutare a guarirci, per dare messaggi e per camminare insieme. L’Apu Wiraqocha non è esistito come persona fisica ma solo come Spirito, è lui che noi chiamiamo sulle Ande il Grande Spirito o Dio. Io vengo dal suo tempio, sono nata proprio dentro il tempio di Wiraqocha!

Qual è l’importanza di questo tempio nella tradizione andina?
Nel tempio sacro di Wiraqocha esistevano due grandi pietre che noi chiamiamo “Illas” o “Wakas” o anche “Q’uyas”. Queste due pietre lavoravano con l’energia del maschile e del femminile che nella tradizione andina chiamaiamo “Yanantin”. Usiamo due termini per la coppia, Yanantin e Masintin che però sono differenti. Il primo termine Yanantin si riferisce ad una coppia come ad esempio marito e moglie, mentre quando parliamo di Masintin parliamo di due persone ad esempio dello stesso sesso, però che non sono coppia in senso sessuale, ma sono due persone che portano la stessa forza o che condividono ad esempio un cammino spirituale. Chi è stato a Cusco avrà notato che su molti tetti delle case ci sono due statuette in terracotta di due tori, che andrebbero orientati verso est dove sorge il sole e che sono simbolo dell’abbondanza. I due tori sono appunto un esempio di Masintin.

Quindi nel tempio di Wiraqocha si veneravano le due energie, maschile e femminile. In che modo lavoravano queste due pietre?
All’interno del tempio c’erano queste due grandi pietre di forma simile ad un uovo, erano messe una a destra ed una a sinistra, quella a destra rappresentava il maschile ed era davanti ad una parete laminata d’oro, mentre quella a sinistra aveva l’energia femminile e stava davanti ad una parete laminata d’argento. L’oro e l’argento richiamavano l’energia del sole e della luna, gli archetipi maschili e femminili per eccellenza. Oggi purtroppo le due pietre non sono più al tempio di Wiraqocha, sono state portate via a Cusco, una si trova nella Cattedrale e l’altra nella Chiesa di Santo Domingo del Coricancha. Queste due pietre portavano l’energia dell’equilibrio dello Yanantin, lo stesso equilibrio che e noi andini portiamo con noi nel nostro altare, la Mesa andina, il nostro oggetto principale di potere, nel quale ci sono alcune cose fra cui anche due piccole pietre, riproduzioni delle due pietre grandi del tempio di Wiraqocha. Quando infatti nell’iniziazione ci veniva consegnata la Mesa, la si doveva portare al tempio per energizzarla attraverso la forza delle due grandi pietre. La Mesa la si conosce adesso con diversi nomi, molti lo chiamano Mischa, Mastana o anche ho sentito chiamarla Munay-ki. Ci sono nomi che si usano adesso ma che non si riferiscono al vero nome che si utilizzava prima. Per esempio quando parliamo di Munay-ki, siamo già in un altro punto, fuori dal tema delle Illas, le pietre di cui parlavamo.

Il Munay è il potere del cuore, si potrebbe dire che è il chakra del cuore?
Anche noi nelle Ande conoscevamo i sette principali punti energetici del corpo, oggi li conosciamo come chakra però per noi la parola chakra era il campo dove si andava a coltivare il mais o le patate! Utilizzavamo i sette principali punti energetici, sappiamo che sono molti di più, ad esempio nei piedi o nelle mani. Infatti, quando una donna partoriva, le si toccava per aiutarla, un punto particolare sul polso. Conosco questi punti perché nella famiglia di mia madre le donne facevano partorire le giovani madri. Quando si parla dei sette chakra, nella nostra lingua quechua, si arriva al punto del cuore, il Munay appunto. Adesso utilizzano questo stesso nome per parlare delle Illas, le due pietre del tempio, però in realtà non è con questo termine che ci si riferiva nella tradizione. Quando nominiamo i sette chakra, noi cominciamo dall’altro verso il basso ed in quechua sono: Llachay, Qaway, Rimay, Munay, Kausay, Llankay, Yatipay. Che io sappia nessuno dei miei antenati ha mai viaggiato in oriente ed è abbastanza incredibile che noi nelle Ande proprio nel tempo di Wiraqocha, conoscevamo i sette chakara.

Tornando allo Yanantin, come si relaziona la dualità ai quattro elementi?
Lo Yanantin come ti dicevo è relazionata soprattutto all’energia del sole e della luna però all’interno dello Yanantin esistono anche i quattro elementi: l’energia femminile lavora con l’elemento acqua e terra mentre quella maschile con il fuoco e l’aria. Le nostre nonne ci raccontavano che la Madre Terra è per noi rappresenta dal lato femminile della nostra famiglia, noi donne siamo la Madre Terra, mentre gli uomini rappresentano la luce dorata, il calore del Padre Sole. Per questo quando il nostro compagno, fidanzato o marito ci abbraccia, sentiamo calore! La dualità deve essere sempre in equilibrio ed andare insieme. Quando non c’è il sole fa freddo, è importante che esista un equilibrio dato dal maschile. Nella cultura andina gli Apus, ovvero gli Spiriti delle Montagne, rappresentano insieme al sole, questa energia maschile. Tayta Inti, il padre sole e Pachamama, sono un po’ come se fossero i nostri genitori!

E quando l’esempio di Yanantin dei nostri genitori è sbilanciato?
Se a volte abbiamo problemi con nostra madre o con nostro padre, nella tradizione andina questo significa avere problemi con la stessa Madre Terra o con il Padre Sole. Quindi se stiamo litigando con i nostri genitori, stiamo litigando direttamente anche con la Pachamama e con Tayta Inti, perché sono loro che ci hanno dato la vita. Ho sentito spesso le persone lamentarsi dicendo mia madre e mio padre si sono separati, mi hanno abbandonato. La verità è che noi non potremo mai conoscere cosa sia successo nella loro intimità, non ci riguarda come figli e non possiamo giudicare. Se vogliamo fluire nel nostro cammino ed incontrare la bellezza che tutti noi desideriamo nella vita, dobbiamo riappacificarci con i nostri genitori, perdonare e chiedere perdono. Altrimenti non incontreremo mai la felicità, qualsiasi cosa sia successa, è grazie a loro che viviamo questa esistenza, loro sono i nostri primi maestri. Non importa cosa abbia fatto tua madre, è da quel ventre che siamo venuti. Siamo qui grazie a quell’ incontro amoroso del maschile e del femminile sacro, un atto meraviglioso, capace di generare la vita, noi non comprendiamo quanta bellezza e quanto potere vi sia, veniamo realmente da un orgasmo cosmico. Se abbiamo amore verso i nostri genitori, se abbiamo gratitudine, arriverà anche l’abbondanza nella nostra vita. Nelle Ande, questo rappresenta il primo passo da fare se vogliamo intraprendere un cammino spirituale. La prima cosa è il rispetto e l’amore verso tua madre e tuo padre. Se avrai la benedizione da parte dei tuoi genitori, il tuo cammino sarà aperto. Se hai rispetto, gratitudine ed amore otterrai certamente anche la felicità e quindi anche l’abbondanza. Questo è il primo insegnamento che ho ricevuto dai miei antenati e che sento sia importante condividere. Da qui, da questo piccolo punto partiamo ed iniziamo a camminare portando questo amore che tutti noi abbiamo, perché tutti abbiamo un cuore, non esiste una persona che non porti con sé un po’ di amore. Vorrei però specificare che non è però necessario per praticare lo Yanantin, essere per forza in coppia. Da soli o con qualcuno ugualmente le due forze energetiche del maschile e del femminile sacro e dei quattro elementi sono sempre dentro di noi. Tutte le risposte sono in noi, l’importante è essere consapevoli di ciò che vogliamo, se ad esempio abbiamo desiderio di stare in coppia oppure preferiamo rimanere da soli. Alla fine è uguale, se dentro di te incontri la felicità, con o senza qualcuno non cambia, l’importante è che la relazione non diventi una dipendenza dall’altro. In questo modo, la vita ci appare così com’è, un’esperienza meravigliosa!

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    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

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    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

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    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Claudia Panico

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    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

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