Gli “erbani”: ovvero coloro che attraverso la tradizione, sopratutto orale da maestro a discepolo, sapevano e conoscevano la qualità e le caratteristiche delle erbe e delle piante. Non avevano una conoscenza “scientifica”, bensì una conoscenza intuitiva e tradizionale. Era una forma di conoscenza che non solo si discostava e si discosta dall’ortodossia “scientifica” imperante, ma si collegava a saperi ormai non più consueti. Tale conoscenza aveva ed ha una dignità tale che sono stati necessari secoli di persecuzioni e violenze inquisitorie per renderla non più attrattiva alla grande massa . Tutto questo ha comportato il rinchiudersi in piccole nicchie del sapere di uomini e donne attuato nel corso dei secoli “bui” delle negazioni/persecuzioni. Le conoscenze sono state tramandate e hanno reso indissolubile il legame con tutte quelle tradizioni che si sono salvate e sono state conservate.

Il sapere degli “erbani” si lega in modo preciso con l sapere di un’altra antica sapienza: L’Ayurveda. Entrambi questi saperi si sostanziano nella “lettura”di piante ed erbe proprie del territorio mediterraneo. Esse sono elencate e argomentate più avanti. Quel che preme in questa trattazione è rendersi conto che la sinergia è straordinariamente attuale e funzionale. Ovvero una pianta o un’erba che viene “letta” attraverso i metodi della tradizione erbana occidentale, per dirla tutta le donne e gli uomini che in modo quasi occulto “sanno” a cosa serve – si rende in modo speculare con la conclusione e le indicazioni che danno i Vaidya e gli Acharya della tradizione ayurvedica. Tale osservazione diventa incredibilmente utile per recuperare entrambi i saperi. Con l’augurio che il dileggio e le tesi inquisitorie della “ufficialità scientifica” vengano approfondite. E tale approfondimento li renda per quello che sono: un fraintendimento abnorme sulle finalità della “scienza”, in quanto si contraddicono da sole nella confusione tra oggetto del “metodo scientifico” con le sue cosiddette “universalità” e “ripetitività” e L’oggetto della “scienza. T.Kuhn ed il metodo scientifico insegnano molto su questo. Ma tale argomentazioni sono un’altra cosa rispetto al quanto qui contenuto. La trattazione del presente lavoro vede la parte riferita alle erbe e alle piante mediterranee, soprattutto del territorio del Cilento /vallo di Diano / Pollino, per poi proseguire con la parte sull’Ayurveda ed i suoi principi ispiratori. Verranno trattate ed evidenziate le sinergie tra piante/erbe del nostro territorio e i principi della tradizione erbana/ ayurvedica.

PARACELSO (l’erbano per antonomasia) Philippus aureolus Theophrastus bombastus (alchimista, astrologo, filosofo, ermetista) discepolo di Tritemio Giovanni. Come in alto così in basso, l’universo è fatto di elementi (Terra, acqua, aria, fuoco), l’unione viene a sostanziarsi con l’azione del mercurio, Sale e zolfo. Il mercurio è l’elemento sottile che unisce e permea gli elementi (l’etere/vuoto del principio ayurvedico). Paracelso organizza la sua figura storica attorno a diversi caratterizzazioni, una fondamentale per il nostro approccio è quella relativa al principio della SIGNATURA. Nell’approccio erbano la signatura è un cardine. Essa è modernissima nella sua concezione/formulazione, paradossalmente richiama un concetto/teoria della scienza più avanzata dell’occidente: la fisica quantistica ed il principio dell’ENTANGLEMENT.

La SIGNATURA ENERGETICA Vi è mai capitato di osservare/notare in un certo periodo di tempo, cronologicamente determinato ma con confini sfumati, sempre le stesse erbe, le stesse piante? Quasi assumessero una ridondanza di presenza. La signatura energetica risponde al perché di questa ossessiva ridondante ripetitività. Queste presenze sono molto accese nel nostro osservatorio selettivo e percettivo perché il nostro corpo, (costituito dai cinque elementi ovvero quattro più il principio mercuriale) viene ad essere attratto dalle qualità presenti in quelle determinate erbe/piante quasi per una completezza/completamento qualitativo contenuto in esse. Le erbe e le piante sono accese nella nostra selezione percettiva perché il nostro corpo ha bisogno delle loro qualità. Tutto comunica simultaneamente e contemporaneamente. Le vibrazioni armoniche create dalla risonanza tra il nostro corpo ed esse fa si che si tenga acceso il focus percettivo proprio su di esse. Se riusciamo ad applicare tale informazione secondo i principi dell’approccio erbano facciamo una cosa molto saggia per il nostro corpo, per il nostro benessere e per il nostro star bene Qui si incontra l’Ayurveda, il sapere erbano e la fisica quantistica (mi piace ricordare il lavoro di David Bohm).

L’AYURVEDA e La tradizione erbana: esse SI TRASDUCONO NON SI TRADUCONO.

C’era una volta un orso che viveva in cattività, viveva in una gabbia dal diametro di tre metri per tre metri. Molti visitatori dello zoo dove conduceva la sua magra esistenza cominciarono a protestare per le sue condizioni di vita. Il consenso su questa protesta fece si che i padroni dello zoo gli costruissero una gabbia molto più grande anzi grandissima. Qui la tradizione Zen si divide per cui alcuni “tramandatori” della tradizione orale addirittura narrano che venne liberato in una foresta dove poteva sentirsi ed essere libero. Poi la tradizione Zen conclude immancabilmente alla stessa maniera. L’orso liberato, nella sua nuova esistenza, girava sempre in tre metri per tre metri.

Annibale D’Angelo

 

Photo by Lucas van Oort

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