Qualcuno potrebbe sorprendersi nel leggere che parlare della voce è parlare del femminile. Ma la sorprendente somiglianza morfologica tra le corde vocali (maschili e femminili) e le “labbra” del sesso femminile rende più stimolante la tesi di varie studiose ed esploratrici in ambiti diversi che sostengono una stretta parentela tra l’estasi del piacere femminile e una sorta di onda sonora interna prodotta dalla voce attraverso il corpo di chi canta.

La voce proviene dall’interno, da un organo nascosto, risuona in cavità non visibile e richiede un ascolto interno anche solo per essere correttamente emessa. Condividere la voce è immergersi nel proprio mistero e portarne fuori l’esperienza vissuta; un mistero che in svariate tradizioni sapienziali è considerato femminile. Un femminile che percepisce, accoglie e comprende le sensazione propriocettive, qualità non più scontate al giorno d’oggi in cui tutto scorre molto velocemente. La pratica del canto facilita queste qualità a partire da noi stessi, infatti, ciò avviene nel lento apprendimento all’ascolto del proprio corpo e di ciò che in esso avviene. La propriocettività che si attiva nella percezione degli organi genitali e di riproduzione della donna, è simile a quella che entra in gioco nelle sensazioni degli organi fonatori durante il canto. Inoltre, le corde vocali un tempo si preferiva chiamarle labbra vocali, una denominazione più vicina al corpo umano che ad uno strumento e che rende ragione della somiglianza morfologica con le altre labbra. La laringe, infatti, è spesso indicata dai foniatri come un “organo sessuale secondario”, quello che nell’adolescenza fa cambiare voce. Che la voce sia legata alla sessualità è implicito anche nell’osservazione  delle diverse fasi del ciclo femminile.

La percezione interna del suono, che fa sentire la voce come qualcosa di intimo e di speciale, è molto simile all’incontro percettivo della donna con i propri organi sessuali e riproduttivi. Provate a tossire, ed osserverete che anche a livello muscolare, questi due misteriosi luoghi sono collegati. Un canale diretto fra questi due centri fisici ed energetici che hanno la potenzialità di portare nel mondo la nostra voce interna ed intima come sinonimo di espressione creativa.

Si potrebbe quindi considerare la voce come dimora del femminile creativo. Nella tradizione vedica indiana, nel momento in cui Bhrama, il creatore dell’universo, “sceglie” di creare l’universo per far esperienza di se stesso, emette il suono “sacro” Om da cui nasce Saraswathi, la pura frequenza del femminile creativo. E’ per questo motivo che ogni artista in India, prima di praticare o condividere la sua arte, invoca questa frequenza femminile, qualcosa di molto simile alla musa ispiratrice qui in occidente; l’artista, nel momento in cui crea, è permeata da Shakti, è pura creatività: non tanto perché crea un’opera che è un po’ come una figlia ma perché, nel farlo, attinge dal vuoto misterioso, che si può solo provare e non raccontare fino in fondo, che è fuori dal linguaggio, e crea meraviglia indicibile.

A sostenere la correlazione fra le corde vocali e la vagina in noi donne, possiamo prendere in esame il sistema dei chakra della tradizione yogica tantrica. In questo sistema, vi è una connessione fra il secondo chakra swadhistana e il quinto vishuddha. Dal primo al quarto, i chakra, hanno una funzione afferente, quindi ricevono e processano informazioni dall’ambiente esterno ed entrano in relazione con il “fuori” attraverso impulsi consapevoli e non. Il quinto chakra, invece, è il primo chakra efferente, cioè che, dopo aver processato le informazioni ricevute dai primi quattro chakra, porta fuori da sé la propria creatività. Alcuni ritengono che il centro della creatività sia solo il secondo chakra – culla delle sensazioni e del sentire, delle emozioni e del piacere, dell’intimità e dei legami, degli organi sessuali e riproduttivi, del movimento e del cambiamento – poiché questo è il centro attraverso cui creiamo nuova vita; la creatività al livello del secondo chakra è inconscia. La creazione delle dita di una mano di un bambino all’interno di un utero avviene giorno per giorno senza che vi sia un controllo cosciente. Avviene da sé.

Invece la creatività emerge anche nel quinto chakra ed è un processo voluto consciamente dalla volontà. Noi letteralmente creiamo il nostro mondo in ogni istante attraverso le nostre azioni, visioni e comunicazioni. Se dico a qualcuno che desidero che si avvicini, sto creando intimità nella mia vita. Se dico no, mettendo un chiaro confine, faccio rispettare il mio spazio. Con ogni azione della mia vita quotidiana sono impegnata in un processo creativo che disegna in continuazione la mia realtà. La creatività è un’espressione pura dello spirito che è dentro di noi, il naturale processo del sé nel corso della sua individuazione1; permette al sé si restituire al mondo in forma assimilata quello che ha preso dal mondo. Il ponte di creatività tra il secondo e il quinto chakra è una porta tra il passato e il futuro. Guardando nello specifico la “posizione fluida” del chakra delle relazioni (2°) e il chakra dell’espressione creativa (5°), osserviamo che fra questi, al centro, abbiamo il chakra del cuore, luogo in cui il passato e il futuro danzano nell’eterno presente. Anahata chakra, la cui traduzione dal sanscrito è anche “suono creato da due oggetti che non si colpiscono”.

Cantare

Per anni ho fatto parte di un’orchestra multietnica in cui cantavo e danzavo. Ricordo con un sorriso, che quando avevo i “soli” canori da interpretare, il mio amato fonico doveva sempre aumentare il volume del mio microfono al massimo. Avevo sempre timore di stonare e di far uscire la voce, e cosa più sorprendente di tutte, se entravo con una tonalità diversa, ero capace di portare avanti quella tonalità in quella melodia fino alla fine del brano, anche se tutti i musicisti e cori (eravamo in 16!) andavano da un’altra parte. Non avevo la capacità di accordare la mia vibrazione con quella di un ambiente esterno. Più avanti negli anni ho compreso che semplicemente non ero connessa al mio corpo. Infatti, dopo lunghi periodi spesi in Asia ad errare e ad incontrare con più amore le mie origini e la “vera me”, il cuore cominciò a fiorire ed io ad essere più connessa al mio sentire. Con profonda meraviglia, senza ulteriori lezioni di canto, la mia capacità di condividere la voce cantata mutò incredibilmente; infatti si fece più presente, profonda e in grado di accompagnare le persone in viaggi mistici e primordiali.

Le esperienze che ho toccato, che si avvicinano di più al termine estasi, sono avvenute attraverso il canto in gruppo: il canto per l’essenza divina in me come essere vivente. In quei momenti mi sento parte di un unico organismo che pulsa d’amore e presenza relazionale. Attraverso il canto, l’amore di condivisione del quarto chakra (Anahata) si schiude e mi sembra di percepire ciò che Swami Satyananda della Bihar school of Yoga descrive così: il suono che non è fisico e che non è empirico, che è trascendentale in natura, che è senza fine e non spezzato come il battito del cuore che batte con fede e continuità dalla nascita alla morte 2.

In varie tradizioni nel mondo, cantare (e danzare), sono azioni che fa l’individuo o il collettivo per avvicinarsi a se stesso insieme alla bellezza della coralità. Nella tradizione vedica dell’India, una delle pratiche di studio del Sé (Swadhyaya) è attuata con una voce melodica che conferisce conoscenza e meditazione e pulisce il cuore 3. Anche nella tradizione cristiana abbiamo un approccio simile alla spiritualità con il canto gregoriano, un genere musicale vocale, monodico e liturgico che con la sua purezza modale, favorisce la concentrazione e la meditazione dei monaci, risvegliando risorse energetiche altrimenti non disponibili. Nelle culture “primitive” il suono veniva usato anche direttamente sui malati per guarire, oppure veniva usato per radunare gli animali, per orientare e per celebrare ogni rito sia di guarigione che di buon auspicio e in generale per unire la comunità. Che il canto sia terapeutico lo sa bene anche la tradizione popolare, basta ricordare il famoso detto “Canta che ti passa”, al giorno d’oggi lo sostengono anche numerose ricerche scientifiche.

Intimità e relazioni

Le antiche pratiche citate qui sopra, non solo danno benessere individuale, ma attivano ciò che al giorno d’oggi viene definito dai neuroscienziati “ingaggio sociale”. Infatti, cantare dando la possibilità al diaframma e alla pancia di vibrare, permette al nervo vago ventrale di rilassarsi, di funzionare al meglio e ci dà la possibilità di prenderci un momento e ascoltare le sensazioni viscerali; le componenti somato-motorie del vago ventrale contribuiscono ai comportamenti di esplorazione del contesto che si sta vivendo (guardare, ascoltare, digerire) e di ricerca del contatto sociale (espressioni facciali, ascoltare, digerire) e di ricerca del coinvolgimento sociale (espressioni facciali, gesti del capo e vocalizzazioni) 4. Il vago ventrale ci permette di avere delle espressioni del viso coerenti al nostro stato d’animo e se questo nervo è teso, i muscoli del viso saranno più tesi: provate ad immaginare di raccontare un episodio intimo ad una persona, c’è una differenza fra l’essere ascoltata da una persona che ti accoglie con lo sguardo, con l’espressione del viso e con la voce oppure che non ha vitalità ed espressività in viso. Inoltre le sensazioni che proviamo a livello intestinale sono importanti per orchestrare sentimenti positivi di vitalità e per dirigere la nostra vita, oltre ad essere anche la fonte di molte delle nostre intuizioni 5. Le pratiche sciamaniche e spirituali tradizionali ci insegnano che i sentimenti di benessere vengono incorporati direttamente come sensazioni viscerali. Cantare è una di quelle semplici ed efficaci pratiche che ha la possibilità di disfare il nodo cervello/intestino.

Il suono Voum

Il suono Voum è stato preso in prestito dalla tradizione indo-tibetana dal biofisico Peter Levine (fondatore del Somatic Experiencing Trauma Institute) e riadattato per espandere i visceri in modo da creare nuove connessioni e segnali  integrativi a un sistema bloccato o iperstimolato. Questo suono lascia sgorgare dall’addome suoni gravi, apre il torace (cuore e polmoni), la bocca e la gola, stimolando piacevolmente le numerose serpeggianti diramazioni del nervo vago.

Pratica: comodamente seduta per terra o su una sedia, con la schiena che segue le curve naturali della tua verticalità. Osserva per qualche momento il tuo respiro. Inspira profondamente, fai una piccolissima pausa ed emetti il suono VOOOOUUUM a lungo esaurendo l’espirazione. Concentrati sulla vibrazione che si genera nella pancia e rimani consapevole dei micro movimenti che compie la bocca e la mandibola per passare dalla O alla U alla M. Immagina una sirena da nebbia che, in una baia caliginosa, echeggia nel buio per avvertire i capitani delle navi che la terra è vicina e riportarli a casa incolumi. Sia il suono che l’immagine avranno degli effetti fisiologici in te. Alla fine dell’espirazione sonora prenditi una breve pausa e lascia che il respiro successivo ti riempia lentamente e dolcemente pancia e torace. Piccola pausa e di nuovo emetti il suono VOOOOUUUM. E’ importante lasciare uscire pienamente il suono e il respiro. Ripeti questa pratica 5, 7 o 9 volte e poi dopo un brave riposo, prenditi tempo per ascoltare le sensazioni del tuo corpo, principalmente l’addome.

 

Nadeshwari Joythimayananda

info@nadeshwari.co

www.nadeshwari.com

L’articolo è rivolto al genere umano, ma dopo tanti anni in cui le parole sono state declinate al maschile, scelgo di cambiare direzione.

1 Il libro dei Chakra, Anodea Judith. Ed. Neri Pozza

2 Kundalini Tantra, Swami Satyananda Saraswati. Ed. Yoga Publication Trust

3 The Nectar of Chanting , Swami Muktananda. SYDA Foundation

4 La teoria Polivagale, Stephen W. Porges. Ed. Giovanni Fioriti

5 Somatic Experiencing, Peter Levine. Ed Astrolabio

 

Crediti delle foto dall’alto verso il basso:

Divine Source Fire by Alexandra Florschutz

The Divine Houre by Alicia Dunn

 

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