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by Jerry Diamanti

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Siamo alle soglie di un risveglio, gli indicatori fondamentali sono da ricercarsi nella disponibilità di fonti di informazione e conoscenze senza precedenti, in un’epistemologia della consapevolezza e in una fenomenologia del Sé orientata all’unità e alla piena realizzazione.

Concepire la nascita di una Psicologia della Liberazione significa dare nome e quindi creare un modo innovativo, un modo ulteriore di fare psicologia che trascenda e includa materia e coscienza, soggetto e oggetto, mondo interno e mondo esterno.

La Psicologia della Liberazione è in grado di sviluppare competenze per la gestione dell’iper-complessità con la quale tutti noi dobbiamo fare i conti.

 

L’ipotesi è che l’umanità sia alle soglie di un risveglio.

Affermazione bizzarra, se si considerano le guerre e le pandemie, le crisi climatiche ed economiche, il degrado ambientale e culturale, che appare sotto i nostri occhi ovunque volgiamo lo sguardo.

Il fatto è che, ad uno sguardo più attento, i fondamentali, come si direbbe in economia, sembrano sani e in rotta verso un salto evolutivo, una rivoluzione transpersonale come sostenni altrove (Lattuada 2017).

In ambito scientifico, la padronanza tecnologica, ha proiettato l’umanità verso un progresso senza precedenti nella storia, ma soprattutto sembra contenere in sé i semi per un suo superamento: si tratta del paradigma olistico-sistemico, dell’emergente scienza della complessità, della visione unitiva, integrale che seppur non vista dai più, sembra farsi inesorabilmente strada tra le avanguardie.

Un primo caposaldo della nuova visione è che, sebbene per quattrocento anni il pensiero scientifico abbia fondato la sua prassi sulla convinzione che la materia sia alla base dell’universo, non esistono evidenze scientifiche a supporto di tale affermazione, ma ci sono evidenze del contrario: tutto è coscienza.

Senza entrare nei dettagli delle evidenze a sostegno della priorità della coscienza, si veda a questo proposito The Self-Aware Universe di Amit Goswami (Goswami 1995), mi limiterò a suggerire alcuni elementi tra i fondamentali responsabili del salto a cui l’umanità si sta preparando.

Consapevolezza e creatività quantistica

Il primo riguarda i quadranti interiori dell’esperienza umana e si riferisce alla consapevolezza, alla possibilità cioè di osservarsi sentire, agire e pensare.

Ho chiamato questo processo Circuit of Aware Experience.

Circuito dell’esperienza consapevole

Il secondo riguarda i quadranti esteriori, vale a dire le teorie quantistiche e la creatività quantistica nello specifico, connesso alla capacità di agire nel mondo con talenti, competenze e risorse creativamente innovativi.

Il salto nella consapevolezza delinea un modo completamente nuovo di gestire il rapporto con sé stessi e il dialogo con il mondo, fondato su non dualità, presenza e disidentificazione.

La visione quantistica schiude un mondo inesauribile di possibilità, fondato su non località, non linearità, interconnessione, e creatività.

L’elemento ulteriore di novità è dovuto al fatto che entrambe, consapevolezza e creatività quantistica sono per la prima volta nella storia a disposizione di una massa critica di persone, possibili responsabili pertanto di un risveglio collettivo sul piano della coscienza, e di un salto evolutivo sul piano culturale.

Propongo qui il termine di Psicologa della Liberazione per definire i contorni epistemologici e metodologici di tale rivoluzione.

Psicologia in questo caso sta per Psyché-logia, vale a dire conoscenza dell’anima, o meglio dell’unità essenziale dell’individuo nel suo dialogo partecipativo con il mondo.

Liberazione sta ad indicare il superamento della trappola della mente duale.

Osservazione consapevole e non dualità

Volendo individuare un primo dato metodologico della Psicologia della Liberazione potremmo pertanto affermare che essa si fonda sull’osservazione consapevole. Applicando il metodo, come il telescopio per Galileo, risalta un fondamento epistemologico, i confini tra soggetto e oggetto, tra mondo interno e mondo esterno, tra materia e coscienza sono aleatori.

La fisica quantistica, con Amit Goswami, ci viene qui in aiuto per precisare i contenuti di tale affermazione:

Quando applichiamo la fisica quantistica a noi stessi, una delle sorprese che scopriamo è che i nostri comportamenti non sono più limitati agli effetti della genetica o dell’ambiente, perché le nostre propensioni apprese sono immagazzinate non solo come memoria cerebrale; sono anche immagazzinate fuori dallo spazio e dal tempo, nonlocalmente” … (Goswami p.17).

Volendo essere più precisi potremmo dire che i confini esistono ma non esistono. Considerando i piani della materia e della coscienza come complementari, possiamo dire che i confini esistono nella prima e non esistono nella seconda. Sul piano della realtà materiale, valgono le leggi della fisica classica per intenderci, che si riferisce alla località, al tempo lineare, alla legge di causa-effetto, sul piano della coscienza, valgono invece le leggi della fisica quantistica, della non località, interconnessione, possibilità.

Ogni confine pertanto, al tempo stesso preclude e indica.

Preclude nel senso che ad una prima attenzione, delimita, definisce, stabilizza il flusso della coscienza nella materia, indica nel senso che all’osservazione consapevole di una seconda attenzione, indica il flusso creativo, incessantemente trasformativo, delle potenzialità della coscienza.

Per continuare con Goswami:

“La fisica quantistica è la fisica delle possibilità. E non solo delle possibilità materiali, ma anche delle possibilità di significato, di sentire e di intuire. Si sceglie tutto ciò che si sperimenta da queste possibilità, quindi la fisica quantistica è un modo di comprendere la vita come una lunga serie di scelte che sono di per sé i definitivi atti di creatività… La fisica quantistica spiega come il nostro processo creativo coinvolga sia il regno cosciente della realtà manifesta – ciò che vediamo quando ci guardiamo intorno – sia il regno della possibilità, o pura potenzialità. E anche le possibilità inconsce danno origine all’espressione creativa… Il pensiero quantico va oltre i pensieri di cui siamo consapevoli; include l’elaborazione inconscia, che non solo espande i nostri confini, ma può anche liberarci dalla sofferenza che l’elaborazione cosciente (talvolta conosciuta come ‘la mente scimmia’) crea.” (Goswami p. 15).

Disidentificazione

L’osservazione consapevole dei miei pensieri, delle mie sensazioni e delle mie azioni mi consente di accorgermi che io non sono i miei pensieri, sensazioni e azioni, esiste un quarto elemento, una dimensione trascendente che assiste, la coscienza, appunto.

Il mondo della consapevolezza ci svela una realtà più reale, potremmo dire, dove possiamo accorgerci che non abbiamo una coscienza, ma siamo il flusso della coscienza stessa.

Ecco cosa afferma la visione quantistica con Goswami:

La coscienza è il fondamento dell’essere. La materia manifesta è preceduta da possibilità quantiche o potenzialità. Ci sono due regni della realtà: la potenzialità e l’attualità. La scelta cosciente fa collassare le possibilità nell’attualità manifesta”. (Goswami p. 20).

Grazie all’esperienza del flusso della coscienza diventa possibile disidentificarci dai nostri vissuti, sentendoci invece parte del tutto.

In psicologia il processo di disidentificazione viene letto come il passaggio dall’Io al Sé, dove per Io si intende quello che sappiamo di noi stessi, l’insieme dei nostri vissuti coscienti, comportamenti, abitudini e credenze, la personalità. Per Sé, in psicologia transpersonale, si intende invece la totalità di noi stessi, una totalità che comprende oltre alla dimensione cosciente anche i contenuti inconsci e soprattutto le potenzialità creative e le qualità più autentiche, archetipiche del superconscio.

Il Sé personale a sua volta viene riconosciuto come sottosistema di un Sé transpersonale che esprime il concetto di totalità della coscienza, includendo il concetto di divinità e la dimensione dell’inconoscibile.

Sottosistemi del Sé

Ecco, quindi, un secondo dato epistemologico, ciò che siamo veramente è molto di più di ciò che sappiamo di noi stessi. L’Io, usando una metafora quantistica è il risultato del collasso della funzione d’onda sul piano di realtà, una funzione psicologica relativamente stabile, personale, mantenuta tale da meccanismi di difesa e fattori di stabilizzazione tipici della mente razionale, duale. Il Sé, coincide con il flusso incessante e interconnesso della coscienza e delle sue potenzialità creative, funziona secondo un’ottica non locale e non lineare, come insieme di probabilità organizzate secondo principi archetipici, transpersonali.

Stati di coscienza e stadi di pensiero

Consapevolezza, non dualità, disidentificazione sono funzioni che richiedono l’introduzione di un altro concetto epistemologico chiave per la Psicologia della Liberazione.

Ogni nostra esperienza non è separabile dalla nostra interpretazione della stessa, in una parola sentire, agire, pensare sono un circuito indivisibile, dinamico, sistemico.

Ho chiamato questo processo, Hermeneutic Circuit of Experience.

Il modo con quale osservo determina quello che osservo, il quale a sua volta è influenzato dal modo col quale penso.

A volte il processo interpretativo è più evidente, quando ad esempio vogliamo dare un senso a un’esperienza o vogliamo comprendere un testo che non riusciamo ad afferrare.

Altre è più automatico e inconsapevole, in ogni caso, parafrasando Watzlawick (Watzlawick 2011) potremmo dire che non possiamo non interpretare, esperienza ed ermeneutica sono un processo indivisibile. Per ermeneutica, si intende appunto The art of understanding and of making oneself understood” (Zimmermann 2015, p. 26).

Circuito Ermeneutico dell’Esperienza Interiore

Siamo sempre quindi in un determinato stato di coscienza e comprendiamo sempre attraverso un determinato stadio di pensiero. Secondo la Psicologia della Liberazione, considerare l’uno e l’altro è cruciale per padroneggiare la nostra esperienza del mondo.

Semplificando possiamo dire che esistono stati di coscienza istintivi e stadi di pensiero, pre-personali, prerazionali per i quali siamo fortemente influenzati dal mondo esterno e dal nostro mondo inconscio. Esistono poi stati di coscienza e di pensiero razionali per i quali siamo determinati dalle identificazioni con i contenuti del nostro Io e dalle risposte del mondo esterno, riuscendo nella migliore delle ipotesi, se ci applichiamo, a padroneggiarle mediante il pensiero critico.

Grazie a un rigoroso allenamento all’osservazione consapevole siamo poi in grado di raggiungere stati di coscienza e di pensiero, sovrarazionali, transpersonali, che ci consentono la liberazione dai condizionamenti e dagli attaccamenti dell’Io, favorendo il contatto con le potenzialità creative del Sé.

La buona notizia è che abbiamo a disposizione, compiendo i passi dovuti, sia la conoscenza che gli strumenti per risiedere stabilmente nelle dimensioni sovrarazionali, transpersonali e comportarci di conseguenza nel nostro dialogo col mondo.

Fluire

Altra caratteristica fondante la Psicologia della Liberazione è il concetto di fluidità.

Dimorando nel Sé, attivando stadi di coscienza e stati di pensiero sovrarazionali ci si accorge che tutto scorre e che la nostra vera natura è fluire. Il benessere e l’evoluzione sono caratterizzati dal rispetto del nostro ritmo e dalla risonanza con i ritmi del mondo, il malessere e il blocco evolutivo sono determinati dal mancato rispetto del nostro ritmo e dall’interferenza con i ritmi del mondo.

Ne consegue che la tendenza al controllo, il codice della paura, le strategie dell’io e i suoi obbiettivi definiscono un mondo di malessere, innaturale, illusorio e lontano dalla propria vera natura. Viceversa la fluidità, la disponibilità ad accettare e dire si, a seguire il codice della fiducia definiscono i contorni della liberazione, del benessere e della realizzazione di Sé.

Sfide

Se ora diamo un’occhiata alla situazione mondiale possiamo renderci conto delle sfide poste dall’ipercomplessità che stiamo tutti quanti affrontando:

Pollution, water use, Migration, Globalization, Lack of time, speed, loss of contact with oneself, digitalization, global warming, species extinction, global finance, informational inflation, personal importance, hypertrophy of rationality, competition

La Psicologia della Liberazione mediante la connessione con il Sé e la creatività quantica che deriva dal libero flusso della coscienza ci facilita il riconoscimento della vera natura dei problemi trovando soluzioni, olistiche, sistemiche, creative. Soluzioni in grado di affrontare l’ipercomplessità del vivente con uno sguardo integrale, grazie a una semantica di secondo livello capace di cogliere oltre al significato personale evidente, il significato collettivo, archetipico, transpersonale che giace non visto oltre i nostri bisogni personali e i falsi obbiettivi dell’Io.

Competenze chiave

All’intelligenza tipica del pensiero critico, potremo così affiancare altri tipi sovrarazionali di intelligenza come quella ecologica, emotiva, intuitiva, spirituale, ecc.

Per continuare con Goswami:

La creatività quantistica ci obbliga a imparare a funzionare in presenza di una vera libertà, che ci insegna la vera responsabilità.

La creatività quantica ci permette di integrare la nostra vita esteriore e interiore.

La creatività quantica ci permette di raggiungere la realizzazione spirituale.

E la creatività quantica può aiutare a rendervi ricchi e famosi, se è quello che state cercando. (Goswami p. 23).

Lo sviluppo e l’integrazione delle diverse linee di intelligenza del Sé consentono l’ottenimento di competenze chiave per la sfida dell’ipercomplessità quali:

– Collaborazione

– Creatività

– Competenze emotive

– Connessione con il Sé

– Tollerare l’incertezza

– Servizio

– Comunicazione

– Fluidità

– Padronanza degli stati di coscienza

– Esperienza archetipica

– Disponibilità al cambiamento

– Fiducia

– Ascolto

Ottenimenti

Consapevolezza, non dualità, disidentificazione, stati di coscienza e di pensiero sovrarazionali, fenomenologa del Sé, fluidità, fiducia. ritmo, vera natura, ecco un sommario dei capisaldi della Psicologia della Liberazione.

Questo certamente non significa delineare la ricetta per il risveglio o la magica panacea per ogni disagio, significa però tracciare elementi epistemologici e metodologici per un nuovo modo di affrontare l’esperienza psichica, un modo ulteriore. fare del due l’uno. (Lattuada 2013).

Fig. 4

Il Modo Ulteriore

Pensiamo alla struttura delle fiabe, l’enfasi della Psicologia della Liberazione è sulla possibilità che il brutto anatroccolo diventi il cigno, cenerentola la principessa e pinocchio un bimbo in carne ed ossa.

Questo non sta a significare che ogni problema venga risolto ma che la soluzione, o meglio dis-soluzione può avvenire a un livello maggiore di creatività, un luogo dove le due polarità del conflitto o del problema sono trascese e incluse a un livello di maggior complessità in grado di fare del due l’uno e favorirne così la trasformazione.

Affrontare la vita da eroe in viaggio, ad esempio, è decisamente più agevole che da bambina spaventata.

La Psicologia della Liberazione combina acquisizioni antiche di millenni con mappe e modelli post-convenzionali e sovrarazionali di ordine inclusivo, transdisciplinari e transculturali, ospitando così sotto il suo cappello ogni metodologia che li rispetti e li favorisca. Si pensi alle psicoterapie esperienziali ad approccio umanistico, transpersonale o integrale, così come alle tradizioni di saggezza o alle discipline sia antiche che post-moderne fondate sulla meditazione e le pratiche spirituali.

Si tratta di un connubio ad alta sinergia in grado di sviluppare le risorse necessarie per.

– padronanza dell’esperienza interiore (capacità estatica, esplorazione degli stati di coscienza, conoscenza della dimensione transpersonale)

– Superamento della propria storia personale

– Transidentificazione e comprensione empatica

– Coraggio dell’imperfezione (capacità di commettere errori)

– Atteggiamento sacro (fiducia, umiltà e devozione)

– Responsabilità e volontà creativa

– Partecipazione e condivisione con l’altro e con l’ambiente

– Responsabilità (accettazione della propria libertà)

– Volontà creativa (sviluppo del potenziale)

– Accettazione della propria unicità (diventare ciò che si è)

– Entelechia: coraggio di realizzare il proprio vero Sé

– Unità tra il proprio sé cosciente e i vari livelli dell’inconscio

– Impegno evolutivo per il benessere comune

– Affermazione della tensione spirituale e accettazione della differenza tra le cose come sono e come dovrebbero essere.

– Uso creativo delle influenze della storia personale, della famiglia e dell’ambiente sociale.

– Sviluppare l’empatia.

– Sviluppare la consapevolezza di sé attraverso l’esperienza interiore.

– Sviluppare l’amore compassionevole attraverso la partecipazione e la condivisione.

– Esplorare e padroneggiare stati di coscienza non ordinari.

E accorgersi così facendo che il momento per il cambiamento è ora e che la persona adatta a compierlo sei tu. Mai come in questo periodo storico l’umanità ha avuto a disposizione, informazioni, conoscenza, strumenti e livello di coscienza a livello collettivo per realizzare una trasformazione di se stessi e della società in grado di favorire:

– Società post-convenzionali, transculturali e mondo-centriche, capaci di solidarietà e accettazione dei più deboli.

– Organizzazioni capaci di operare secondo modelli sistemici di partnership, collaborazione e creatività.

– Una comunità scientifica che lavori in un’ottica integrale e che estenda la sua giurisdizione alla completezza dell’esperienza umana.

– Una forza lavoro flessibile, in grado di far fronte alla rapidità dei cambiamenti socio-ambientali.

– Esseri umani consapevoli e compassionevoli, in grado di rispondere ai problemi in modo efficace e competente.

– Insegnanti esperti in competenze emotive e interiori, in grado di favorire una comprensione basata sull’Insight, sullo sviluppo del potenziale creativo e sulle qualità più autenticamente umane.

– Individui inclini al servizio e alla partecipazione, inclini all’interconnessione e alla sinergia, pronti alla comprensione reciproca, alla risoluzione dei conflitti e alla gestione delle risorse comuni.

Conclusioni

La condizione umana post-moderna, mai come ora si trova di fronte alla possibilità di un salto epocale, oltre la mente duale nei reami della consapevolezza.

Possibilità per la quale possediamo sia le potenzialità per realizzarle che gli strumenti per affrontare le inevitabili ombre e resistenze.

Ho tracciato qui i primi contorni di una psicologia più ampia, transpersonale e integrale, che ho chiamato Psicologia della Liberazione, nelle sue linee generali, e che potrebbe candidarsi come punto di rifermento per il pieno compimento del salto evolutivo che si prefigura.

Pier Luigi Lattuada M.D., Psy.D., Ph. D

djirendra@gmail.com

www.integraltranspersonallife.com 

References:

Goswami A., (1995), The Self-aware Universe, How Consciousness creates the material world, Tarcher/Putman, NY.

Goswami A., (2014), Quantum Creativity, Think Quantum, Be Creative, Hay House Inc. NY

Lattuada P. L., (2017) Transpersonal Revolution? In McMullin, Hess & Boucouvalas (Eds.) Metamorphosis through conscious living. A transpersonal perspective. Cambridge, UK: Cambridge Scholars Publishing

Lattuada P.L., (2013), Il Modo Ulteriore, ITI ed. Milano

Watzlawick P., J. B. Bavelas, D. D. Jackson, (2011), Pragmatics of human communication: a study of interactional patterns, pathologies, and paradoxes, W. W. Norton & Company, Inc., NY

Zimmermann J., (2015), Hermeneutics, a very short Introduction, Oxford University Press UK

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    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

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    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

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    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

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    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

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    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

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    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Per rimanere in contatto con noi e ricevere informazioni sugli ultimi articoli, video, webinar ed iniziative pubbliche che proponiamo, lascia qui la tua email

    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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    Sorry, this entry is only available in Italian.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

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