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by Alberto Paolucci

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Paola Battocchio e Nadeshwari Joythimayananda hanno incontrato Dominique Dègranges a Milano una sera dell’inverno del 2016, durante uno dei momenti conviviali di pausa dall’insegnamento, al corso di formazione “Laboratorio Prenatale e della Nascita”.

Dominique, potresti spiegarci cos’è un Imprinting nell’ambito del metodo da te insegnato, “Prenatal and Birth Therapy”?

L’Imprinting è un lavoro in piccoli gruppi in cui il campo che si genera intorno alla persona è sicuro, di sostegno e all’interno del quale si possono fare esperienze inerenti alla nascita, le esperienze prenatali o postnatali. Non si tratta di ricordare o di ripetere l’esperienza passata, il metodo riguarda maggiormente la possibilità di rielaborare vecchi schemi, imprinting disfunzionali che abbiamo; potrebbe riguardare l’incontro con memorie traumatiche e una loro trasformazione per la nostra vita.  E’ un’esperienza all’interno di un piccolo gruppo di persone che ci sostengono nel trasformare vecchi pattern che riguardano l’origine del nostro arrivo sulla Terra, del nostro essere Qui.

Potresti raccontare come sei arrivato a questo metodo?

Si, è una storia simpatica, in realtà. Ho fatto diversi lavori nella mia vita, uno era in una clinica psichiatrica e riguardava più un lavoro sulla psiche: le nevrosi, la schizofrenia e le fobie. Poi mi sono accorto che l’attività ad un certo punto, senza la consapevolezza del corpo, si fermava.

Così ho voluto integrarlo con il lavoro corporeo.

Un giorno, mentre seguivo come studente un seminario di bodywork su Polarity e Craniosacrale, accadde che ogni volta che l’insegnante si avvicinava a me, il mio corpo cominciava a muoversi in un modo strano. Questo mi sorprese, la mia testa cominciava a ruotare, la mia colonna vertebrale faceva come una spirale. E accadeva ogni volta che l’insegnante passava attorno al lettino dov’ero sdraiato e c’era uno studente, mio compagno di corso, che stava lavorando con me. A quel punto l’insegnante che era Franklin Sills mi disse – “E’ un movimento che ha a che fare con la nascita”.

Ero veramente molto sorpreso perché non avevo avuto fino a quel momento tutto questo interesse per l’esperienza della nascita. Ero felice, indipendente dalla mia famiglia, senza la necessità di doverci pensare troppo… Così mi chiedevo, perché?

Era tutto molto curioso perché spontaneamente il mio corpo si muoveva in modo strano.

Franklin Sills decise di fare una dimostrazione con me su come lavorare con gli schemi della nascita. Ricordo che era sera ed ha cominciato una sessione solo prendendo contatto con la mia testa: in un secondo, il corpo ha iniziato ad elaborare una memoria della mia nascita.

Era veramente la mia nascita. E la dimostrazione è durata circa tre ore.

Ero nel mio processo di nascita, cosa a cui non avevo mai pensato e mai prima di quel momento avevo sentito che fosse possibile. Fu per me un’enorme sorpresa.

Ma la cosa strana avvenne dopo, una volta a casa, infatti non mi sentivo bene, non mi sentivo meglio di prima, ed era molto difficile perché un sacco di cose emergevano e non ero capace di gestirle. Questo era un problema. Da lì ho vissuto un sacco di attivazioni e comprensioni di cosa forse era accaduto nella mia vita, nelle mie relazioni o riguardo alle mie paure, ma forse in quel modo era stato troppo e non comprendevo più cosa farmene di tutto questo.

Ray Castellino

La ricerca di chi avrebbe potuto aiutarmi, è stato il modo in cui ho incontrato Ray Castellino.

In quel periodo lui stava dando seminari sull’Imprinting, ho deciso di provare cos’era, ero molto curioso. I due fattori più rilevanti di quell’esperienza erano stati che mi aveva spinto indietro in uno spazio molto interessante inerente le memorie della nascita e allo stesso tempo aveva risvegliato un interesse su come lavorare con questo perché non mi sentivo affatto bene, ero molto attivato dalle circostanze della mia nascita.

Così presi un aereo, il seminario era in Inghilterra, tre giorni di Imprinting. Andai da solo e ricordo che in aereo ero pieno di paure e molto sorpreso perché avevo fatto un sacco di altre terapie prima, ero stato io stesso insegnante di alcuni tipi di terapie come bodywork, counseling… Così ero stupito di sentirmi trepidante come un bambino e pensai  – “Che diavolo sto facendo in questo posto in Inghilterra!” – Ma ormai ero lì ed ero molto disorientato quando ho cominciato l’Imprinting.

Ebbi un’altra grande sorpresa quando, dopo questi tre giorni, iniziai a sentirmi completamente diverso. Ero veramente come una persona nuova. All’inizio non credevo al mio cambiamento, pensavo – “E’ giusto il punto più alto, è stato un ottimo workshop, ho lavorato sulle mie memorie, sui miei temi, ma non durerà”. Invece scoprii che la metà delle mie paure se n’era andata e non sarebbero poi mai più tornate. Da lì iniziai ad essere veramente interessato riguardo a questo lavoro. Ho detto – “Wow, l’ambito di terapia legato al periodo neonatale è qualcosa che mi mancava, ma non è solo questo, è anche veramente efficace nel lavorare su me stesso, sulle mie paure, sul trovare un’altra modalità per essere qui con me e con le altre persone”.

Così ho cominciato a studiare, sono andato a fare tutto il training con Ray Castellino, ho fatto molti imprinting con lui e questo ha cambiato la mia vita.  E’ per questo che sono qui ora e che sto insegnando.

Dalle tue risposte possiamo dedurre che un solo Imprinting non è sufficiente per cambiare questi pattern…

No, penso anch’io che un imprinting non sia sufficiente, no… E’ così… Era molto tempo fa… A quel tempo si pensava che il processo fosse solo qualcosa riguardante il momento della nascita, gli imprinting della nascita, il modo in cui si era nati, se ci sono stati interventi oppure no, come stava la mamma. Più tardi si è scoperto che non riguarda solo la nascita, ma ci sono temi anche prima della nascita, molte cose accadono già prima del parto. Poi ho scoperto che non è nemmeno prima della nascita e della gravidanza, ma che accade qualcosa anche prima della gravidanza. Quindi riguarda il pre-concepimento, il concepimento, la gravidanza, la nascita, ciò che accade intorno alla nascita e dopo la nascita stessa. E’ un periodo vasto, possono esserci molte impronte/memorie. E questa è la ragione per cui non penso che un imprinting possa essere sufficiente. E lavorare su questi temi per una settimana intera potrebbe essere sopraffacente. Ci si può lavorare solo a piccoli pezzi, è molto più sicuro e permette di incontrare più facilmente le risorse per il processo.

E accade che in questo modo l’esperienza sia più integrabile per la persona, per il corpo… 

Sì, assolutamente, perché integrare il lavoro significa che puoi cambiare un sacco di aspetti nel tuo modo di stare, di vivere la vita.

Puoi spiegarci il significato di “integrazione” per te, in questo metodo?

Tutte le memorie originarie, gli imprinting, le esperienze che abbiamo fatto all’inizio del nostro arrivare qui, sono ciò che ci trattiene e influenza di più, nella nostra vita presente.

Così devi elaborare tutti questi Imprinting per cambiare la tua vita: è una cosa grande, perché abbiamo un sacco di attitudini, di modi di essere, di credenze rispetto ai modi in cui crediamo di dover essere nella relazione con noi stessi o con gli altri. Tutto questo attraverso Prenatal and Birth Therapy potrebbe cambiare naturalmente perché i vecchi pattern riguardano pienamente il modo in cui vivi, influenzano la tua vita, le tue paure, la relazione con te stesso e con gli altri, la relazione con la tua creatività, questo è un aspetto fondamentale. E anche il tuo corpo è pieno di memorie rispetto a queste esperienze, rispetto a storie che nemmeno conosci. Anch’io non conoscevo tutti questi aspetti che mi influenzavano e ho dovuto scoprire molto, molto, molto… Pensate alle attitudini corporee, le tendenze del corpo, ma anche le relazioni e le modalità di percezione tra me e la vita, le altre persone e me stesso.

Sembra che in questo metodo ci siano molti approcci diversi, combinati e integrati tra loro.  Possiamo riscontrare che ci sono aspetti provenienti da varie tradizioni sapienziali. Sarebbe possibile dare uno sguardo a queste tradizioni e provare a differenziarle? Cosa potrebbe sembrare simile ad altro, ma non lo è?

Si, certo, la cosa che forse è importante da dire è che non è esattamente un “metodo”, è di più.      E’ un principio. Come… Un principio di vita.  O un principio riguardante l’arrivare Qui, e questo può essere incontrato, toccato, con metodi diversi. Questa forse è la caratteristica principale ed è per questo che è così efficace. Ed è per questo che può sembrare di utilizzare diversi approcci in questo lavoro… Perché c’è l’essere in relazione e c’è il corpo che può aver avuto esperienze traumatiche.

In questo senso abbiamo bisogno di diversi strumenti, abilità, per incontrare tutti questi aspetti.  Quelli che abbiamo scoperto sono dei principi rispetto al nostro essere qui: tra il corpo e lo spirito, tra te e te stesso con tutto questo.

Imprinting con Dominique Dègranges Febbraio 2017

Potresti aiutarci a comprendere la differenza tra le Costellazioni Familiari e la tua conoscenza rispetto al campo che si crea nei gruppi di imprinting? E se è possibile comprendere come le cose si muovono nel sistema del gruppo di persone. Da fuori potrebbe sembrare – “ok, stai facendo una costellazione familiare”- ma forse è qualcos’altro, come lo spiegheresti?

Credo ci siano molti modi diversi di lavorare sulla Costellazione Familiare, per cui è difficile rispondere con una frase. Posso solo parlare della mia esperienza rispetto al lavoro di Costellazione. Inoltre penso che le persone siano molto creative e che abbiano fatto esperienza di molte cose diverse in questi anni.

A mio avviso la prima differenza può essere che nel gruppo di imprinting non c’è qualcuno che sente qualcosa in base a un ruolo specifico che ha assunto: nelle Costellazioni Familiari tu (come rappresentante) ricevi un ruolo dalla persona che porta il suo intento, il suo tema e sei ispirato a partire da questo. Senti delle cose nel tuo corpo relative al ruolo che prendi, per esempio il nonno di questa persona, e parli con delle modalità simili a suo nonno, senti, fai esperienza di qualcosa che ha vissuto questo suo antenato.

Questo non è il modo in cui si sviluppa l’esperienza durante gli imprinting di Prenatal and Birth Therapy.

Naturalmente il campo risuona con le storie della persona facilitata dal gruppo, ma il focus rimane la persona stessa. Qui i partecipanti non entrano pienamente nel ruolo e non lasciano che il ruolo “parli” attraverso loro, si rimane più in risonanza con ciò che c’è e ci può essere nel campo.

Può esserci l’impulso di voler dire qualcosa o di fare qualcosa ma è sempre in comunicazione, nella danza relazionale con la persona che sta facendo il suo processo.

Naturalmente, penso che se ci fosse qui un insegnante di Costellazioni Familiari potrebbe dire “io faccio esattamente la stessa cosa” ma non penso che sia esattamente così.

Penso che sia molto di più… (nelle Costellazioni) qualche volta hai un’ispirazione, una risonanza con qualche storia, ma non si sa se questa va in direzione di una risorsa o di una parte ombra, o forse della storia della paura di queste persone che risuona in te. Puoi solo esprimere le tue reazioni alle storie che hai sentito. Nel prenatale non è così, perché come persone reagiamo sempre e direttamente a ciò che viene detto. Prendiamo per esempio un caso di taglio cesareo, la persona ti sta dicendo qualcosa rispetto alla mamma, rispetto a quando è accaduto il taglio cesareo, com’è andata la nascita e com’è stato dopo la nascita per lei, tutte queste sequenze… Nel campo potrebbe esserci una persona che risuona su questo, forse potrebbe esserci qualcuno che comincia a dissociarsi, o ad avere la sensazione di non poter più contenere, o forse qualcuno che comincia ad avere una risposta emotiva o forse qualcuno che si sente abbandonato… Si possono avere diverse reazioni. Quello che faccio è di non lasciare che la reazione prenda tutto lo spazio, la cosa importante è che sia semplicemente nominata, nel gruppo di imprinting puoi dire – “In questo momento mi sento come se non potessi più concentrarmi, come se me ne andassi via dal campo” – e questo può aiutare la persona che sta facendo il suo processo in quel momento a non dissociarsi, perché la dissociazione viene già portata dal campo, o a comprendere qualcosa, o anche a cambiare qualcosa. Perché il lavoro non riguarda il tornare indietro da qualche parte, ma semplicemente lasciarsi essere Qui.

Questo è veramente importante perché puoi sentirlo nel corpo. Questa è una grande differenza, non è pensare, ma è qualcosa con cui fare esperienza nel corpo.

Quindi il modo in cui lavoro con il campo è che la persona differenzi, tra ciò che emerge nel gruppo, cosa è buono per lei e cosa no, sperimenti nel corpo e senta per se stessa se è così, o se non lo è.  Nel momento in cui inizia a rielaborare i temi perinatali che ha scelto, la persona facilitata si trova nel suo processo, completamente, fin dall’inizio; per cui non si tratta per lei di guardare cosa le altre persone del gruppo di imprinting stanno facendo durante il processo, ma di essere nel centro dello stesso. Questa penso sia la differenza fondamentale.

Come integri in tutto questo i principi di Somatic Experiencing, mi dicevi che tutto è centrato sul sentire e tu sei anche insegnante di S.E. …

Non posso immaginare come si possa lavorare su questi temi senza conoscere il Somatic Experiencing. Questo approccio è stato un enorme dono da parte di Peter Levine, il lavoro sul trauma e anche quello di ascoltare tutte le memorie traumatiche nel corpo, perché l’imprinting è un lavoro corporeo. Perché per essere qui come spirito abbiamo bisogno di un corpo, quindi è una danza tra spirito e corpo. Non puoi tagliare fuori il corpo dalle esperienze e non puoi nemmeno escludere lo spirito. Il nostro corpo è pieno di storie, di esperienze e purtroppo alcune sono veramente traumatiche. Ma anche come spirito abbiamo esperienze legate al divenire un corpo, quindi ci sono due aspetti diversi: il corpo ha dei riflessi inerenti ad un trauma, alcuni bisogni non soddisfatti che entrano a far parte dei meccanismi di sopravvivenza, e un Essere ha dei bisogni esistenziali, ma sono molto differenti…

Un cuore ha bisogno di essere incontrato, ma ha bisogno di essere incontrato nell’incarnazione, nel corpo.

Invece ci sono due diverse energie che si muovono in Prenatal and Birth Therapy, una esistenziale relativa all’Essere e una di sopravvivenza legata al corpo.

Somatic Experiencing  ci aiuta molto ad interagire con eventuali memorie traumatiche nel corpo, questo infatti potrebbe avere reazioni somatiche… Abbiamo bisogni e schemi somatici che continuiamo a ripetere, quindi c’è bisogno di riconoscerli per cambiarli.

Le memorie traumatiche potrebbero essere sovraccoppiate, mescolate alle tematiche esistenziali, in Somatic Experiencing si chiamano Global  High Intensity Activations. L’attivazione disadattativa del sistema nervoso autonomo e i suoi eventuali sintomi disfunzionali possono essere provocati da innumerevoli elementi anche in assenza di verbalizzazione o pensieri riguardo ad eventi trumatici. Ci può essere un’esperienza precoce che può essere attivata nel presente anche se semplicemente qualcuno ti guarda. Oppure puoi essere attivato da un tipo di tocco, forse il tuo corpo ha delle storie traumatiche relative al tocco o storie rispetto all’essere incontrato e rimanere in relazione, questo può metterti in dubbio rispetto al tuo essere Qui, quindi l’ambito esistenziale e quello somatico molto spesso sono fortemente interrelati. Non riguarda solo il soddisfare il corpo ma anche rimettere insieme un Essere con un altro Essere per essere qui insieme. Questo è il lavoro. Quindi c’è bisogno di sapere come lavorare con le esperienze traumatiche. E… Sì insegno i principi di Somatic Experiencing quando lavoro in Prenatal and Birth Therapy, do alcuni input quando il trauma emerge nel somatico.

Potresti darci qualche esempio di “segnali” che le persone possono riconoscere nella loro vita quotidiana di qualche aspetto che può essere connesso con esperienze prenatali o neonatali?

Qualsiasi cosa che metta in questione “l’essere Qui” può essere prenatale. Quindi se spesso ti chiedi:  – “Ma cosa ci faccio qui?” ,“Perché sono qui?” ,“Non voglio vivere” ,“Non capisco il senso della vita” – tutto questo ha a che vedere con gli Imprinting originari. Perché riguardano la relazione tra l’Essere ed essere Qui.

Come sei nelle relazioni ha a che vedere con il prenatale, come incontri o sei in contatto con le altre persone. E allo stesso tempo, naturalmente, tutto ciò che riguarda il come ti senti nel corpo.

Quindi il tuo corpo te ne parlerà, esso può ripetere un sacco di sequenze degli imprinting precoci, possono essere relativi alla nascita, possono essere movimenti che fai, possono essere paure che non comprendi, attitudini, idee o per esempio comportamenti, come il fatto che devi sempre aspettare l’ultimo momento prima di fare qualcosa. Questo potrebbe avere a che vedere con la tua nascita, forse hai avuto una nascita molto lenta e alla fine forse potrebbe esserci stata un’emergenza in cui hanno dovuto aiutarti a uscire e quindi aspetti l’ultimo momento. C’è molto stress ed energia nel sistema e allora solo all’ultimo fai qualcosa. Potrebbe essere qualcosa di questo genere…

Oppure tu cominci qualcosa e poi ti fermi a metà strada e non sai esattamente perché, è come se non avessi più energia e ti senti come assonnato, disorientato e non sai, non capisci perché prima era tutto molto chiaro e lì tutto si ferma, potrebbe essere così, un po’ come se ti fossi fermato nel mezzo della tua nascita. Questi potrebbero essere dei pattern di nascita. Oppure cominci le cose molto bene, hai delle ottime idee che porti avanti, ma non le porti mai a termine, anche questo potrebbe essere relativo ad un Imprinting precoce.

Tra tutte queste attitudini, molte hanno a che fare con l’esperienza di come sei entrato nella vita, del rapporto che hai con la tua creatività e con il tuo potenziale. Questa è una parte.

Nel mio modo di vedere le cose, quando sei nella pancia le tematiche sono più esistenziali, non vuoi lottare, non puoi farlo, puoi solo accettare le cose, è più una cosa di cuore, puoi andartene, non vuoi disturbare, vuoi solo fare il meglio per le persone che sono intorno a te, con il tuo cuore, senza nessuna condizione. Ma poi alla nascita ci sono anche un sacco di forze legate al corpo, forze di sopravvivenza.  E’ un’energia molto forte quella della nascita e naturalmente può essere mescolata a tematiche esistenziali, si mescola l’essere qui con forze di sopravvivenza e questo poi comporterà molte attitudini, su come sei, su come incontri gli altri.

Imprinting con Dominique Dègranges Febbraio 2017

La conoscenza di questo insegnamento e di questo modo di accompagnare le persone può essere molto specifica: per esempio se una madre ha ricevuto un’anestesia come l’epidurale, può questo avere degli effetti sul bambino?

Sì, assolutamente.  Fin dall’inizio e questa cosa è veramente importante, il bambino è assolutamente consapevole riguardo a tutto ciò che accade, ma non solo questo, lui si identifica anche con tutto ciò che succede intorno. E quindi è come se tutto ciò che lo circonda avrà degli effetti sul suo corpo, sulla sua mente, perché lui non può differenziarsi. Quindi ogni esperienza che avrà la mamma influenzerà il bambino che potrà anche fraintendere le storie. Per esempio: se la mamma prenderà un’anestesia alla nascita…

Parlando della mia storia personale, quando mia madre stava per partorire le hanno dato l’anestesia, quella con il gas esilarante, così ha iniziato il parto. Dopo aver sentito le prime contrazioni è andata all’ospedale e lì le hanno fatto un’anestesia. Nella mia esperienza con la nascita, quando l’ho rivissuta durante un Imprinting, ero completamente disorientato, ho perso il contatto con mia mamma, ma perdendo questo era come perdere il contatto anche con il mio stesso corpo, quindi non sapevo cos’era dentro o fuori, quali erano le direzioni e questo, in realtà, era anche molto doloroso, ho frainteso le cose.

Come se mia mamma mi avesse abbandonato, se ne fosse andata e non sapevo dove. Era come un’interpretazione che lei non mi voleva e poi poteva essere un ulteriore interpretazione – “Forse ho qualcosa di sbagliato in me, ecco perché non mi vuole”. Ma non era – “Mia mamma è sbagliata” – non c’era un giudizio verso mia madre. In quel momento si tenta di spiegare le cose con il cuore e si potrebbe sentire – “Dev’essere sicuramente qualcosa che ha a che fare con me” – e il corpo può sentirsi veramente disorientato.

Questo può portare anche qualche altra complicazione alla nascita e naturalmente qualche complicazione nel processo di attaccamento. Infatti qualcosa in me poi non si fidava di mia madre, anche dopo la nascita mi hanno separato da mia mamma e mi portavano da lei solo per essere allattato, non al seno comunque. Così ricevevo il latte da mia mamma, poi mi portavano via; tutto questo era qualcosa che aveva a che fare con la separazione, il nutrimento. Tali esperienze e memorie inconsce mi disorientavano molto rispetto a mia madre e hanno riguardato tutta la mia vita, l’ho compreso a cinquant’anni. Quindi tutto ciò che riguardava la relazione con mia madre ovviamente poi ha influenzato anche tutte le relazioni con le donne. Quando le incontravo non potevo mai fidarmi completamente. E ha influenzato anche la relazione con me stesso, quindi – “Se ho qualcosa che non va in me, come può esserci qualcuno che mi ama veramente?” – Tutti questi sono schemi molto forti che ho portato con me continuamente nelle mie relazioni intime e questo ha assolutamente a che fare con la modalità della mia nascita.

Avevo completamente frainteso mia madre pensando che lo avesse fatto a causa mia, ma in realtà ha ricevuto l’anestesia non a causa mia, ma perché aveva paura del dolore, infatti nel partorire mio fratello prima di me, aveva sofferto un immenso dolore. Non aveva niente a che fare con me, ma io in quel momento l’ho percepito rivolto nei miei confronti perché tutto ciò che accadeva lì doveva avere a che fare con me: questo mi ha influenzato per tutta la vita, e gli schemi nelle relazioni mi hanno reso insicuro di me stesso, doveva esserci qualcosa di sbagliato in me, questa era diventata una credenza profonda…

Ci puoi parlare dell’istinto?

Puoi fidarti del tuo corpo, perché l’istinto è nel corpo, mentre se credi e ascolti di più le credenze, ti allontani dal corpo e dal tuo istinto, da quello che ti sta dicendo, questo potrebbe rendere difficile la nascita.

Potrebbero essere anche dei residui traumatici che ostacolano la nostra fiducia nell’ascoltare il corpo?

Sì, assolutamente, perché se hai una frammentazione o una dissociazione, queste verranno sempre fuori in situazioni speciali: potresti avere un’impulso se qualcuno si avvicina a te e reagire con rifiuto, essere sotto shock o sentire paura e assenza di fiducia….  Poi ovviamente può anche diventare cronico, lo ripeti e lo ripeti e poi dopo un po’ di tempo non te ne ricorderai più l’origine, sarà un’attitudine e diventerà una convinzione…

L’esperienza di Imprinting di Prenatal and Birth Therapy può facilitare a risolvere tutti questi aspetti, perché puoi incontrarli… Non si tratta di ripetere quello che hai già vissuto durante la nascita, ma  il fatto di rielaborarne le impronte, le memorie che non ti servono più: come vecchi messaggi e paure che hanno programmato dei sintomi nel tuo corpo. Questa è l’idea del lavoro sugli Imprinting.

Con tutte le informazioni che stai dando potremmo pensare che possono emergere un sacco di Imprinting/memorie ogni volta durante un processo… Una persona potrebbe esserne sopraffatta? 

 Sì…. Ma sai… La cosa è che se stai solo nella tua mente tutto può essere troppo, la mente può creare un sacco di storie, milioni e milioni di storie su quello che è accaduto, e puoi creare ogni volta una nuova storia e poi un’altra e un’altra ancora e finire in un enorme labirinto di storie.  Naturalmente questo creerà attitudini, credenze e potrebbe essere troppo, queste ti bloccano, ma in realtà eri già bloccato prima…. Se rimani a livello mentale tutto questo potrebbe risultare inutile, energeticamente ripeti degli schemi e solo questo potrebbe non essere sufficiente. E’ necessario cambiare qualcosa, quindi è fondamentale trovare una diversa attitudine nell’incontrare tutti questi temi e cambiarli, questo è l’obiettivo di questo lavoro.

Non riguarda solo tornare indietro alla tua nascita, ascoltare le storie, conoscere cosa è successo in questa incarnazione, è importante invece trovare un modo di essere qui che sia a servizio del tuo cuore, della tua personalità e che serva anche alle altre persone. Perché in realtà abbiamo moltissimo potenziale per l’Amore, come Esseri Umani e per tutte le cose. Ma tutto ciò che è accaduto in passato potrebbe averci reso completamente ciechi al nostro potenziale e al nostro cuore.

Potresti spiegarci che tipo di ingredienti aiutano a costruire questa nuova attitudine?

Sì, certo! Prima di tutto devi andare ad incontrare nuovamente, e questo puoi farlo in modi diversi, ciò che c’è nel tuo corpo: c’è qualcosa di più grande e questa parte più grande è buona, è indipendente dalle condizioni. Questa parte è incondizionata, libera. Quindi devi prima andare a rincontrare questa parte che è libera: puoi chiamarlo Spirito, Anima, dipende, ma comunque è la parte libera. Penso che questa sia la prima cosa.

Perché se ti fermi solo ad analizzare a livello cognitivo e stai in tutto ciò che è condizionato, puoi trovare vita in questo, puoi scrivere un sacco di libri, ma perdi te stesso perché tu non sei solo questo.

Questa è il punto e in realtà i bambini lo sanno, portano questo spazio e ti fanno rimanere sorpreso quando ti mostrano il loro amore, il loro sorriso. Non capiamo come, ma sentiamo che è meraviglioso, sentiamo che è vero. È come magico. In realtà dimentichiamo la nostra vera natura, che rimane sempre presente, viene solo coperta da qualche nuvola o da molte nuvole, perdiamo la relazione con il nostro Essere. Questo è il problema.

Quindi prima di tutto devi ritrovare la tua vera natura! Questo è importante. E lei è lì fin dalla prima impronta ed è veramente molto semplice trovarla.

Quindi quando i bambini sono piccoli?

Da quando inizia la tua vita, la tua vita terrena. La tua vera natura è lì.

Lo si può vedere nei bambini, possono essere incredibilmente felici in un secondo.

E’ incredibile, sono felici, il mondo è meraviglioso! E allo stesso tempo, dopo un breve momento, possono piangere come se fosse orribile essere qui, in un secondo. Questi due aspetti sono molto vicini all’inizio, ma è necessario ritrovarli nuovamente. Senza di questo perdiamo noi stessi. E questo è l’input veramente reale per il nuovo.

Quale suggerimento potresti dare a dei nuovi genitori, su come “contenere” lo spazio per queste creature?

Questa è veramente una buona domanda. In realtà penso che ci sia bisogno di più coscienza/consapevolezza rispetto all’essere Qui, all’arrivo qui per gli esseri umani, rispetto a ciò che riguarda l’incarnazione. Ma non tutti i genitori vogliono sapere questo.

Penso che se potessimo scegliere i nostri genitori sceglieremmo persone più consapevoli rispetto al nostro essere Qui… Questo aiuterebbe…. La maggior parte di noi ha bisogno di essere un po’ preparata ad essere genitori. A volte non abbiamo tempo, ma a volte ne abbiamo bisogno perché è un’enorme trasformazione, una delle più grandi che possiamo avere nella vita. Bisogna preparare le persone perché non sappiamo cos’è il meglio, cosa va bene.

Sono sicuro prima di tutto che ogni genitore, questo abbiamo bisogno di capirlo, cerca di fare il meglio, ma a volte il meglio non è abbastanza. I genitori devono cominciare a capire di cosa il bambino ha veramente bisogno, cosa vuole veramente.

Ciò che veramente vogliono e ciò di cui hanno bisogno è il primo modo di incontrarli nella loro vera natura.

In realtà non è troppo difficile all’inizio, ma dobbiamo capire che non è incontrarli nel loro ego, o in come appaiono… E’ importante incontrare il loro Essere completamente nel corpo. Siamo molto fissati dal colore degli occhi, dei capelli…Ma la prima cosa… Qualche volta diamo troppo presto al nostro bambino una personalità.

Abbiamo prima di tutto bisogno di dare loro tempo e dare loro una personalità piano piano, perché se gliela diamo troppo in fretta loro interpreteranno questa personalità, ma i bimbi non sono questo. Questo li fissa ancora di più in un ruolo. Lasciarli essere, prima di sapere già come sono. Quindi dobbiamo dare loro una personalità lentamente, per dare loro il tempo di essere ciò che veramente sono. Questa è la cosa più importante.

Potresti dare qualche suggerimento pratico: prima della nascita e dopo la nascita, cosa possono fare i genitori? Un esempio per prima e uno per dopo la nascita…. Per incuriosire i lettori…

Per la mamma… Quando sei incinta ci sono diversi momenti in cui entri in una danza con il tuo bambino.

All’inizio è universale, lui c’è semplicemente e cerchi di incontrarlo, ma all’inizio il bambino è molto spirituale è come se non … Forse qualcuno può già sentirlo in modo chiaro, ma per qualcun altro è una relazione che si costruisce lentamente, forse dopo qualche mese di gravidanza cominci a sentire questa presenza.

Alcuni possono sentirlo prima del concepimento, ma non tutti e non è necessario. È sufficiente che si cerchi di fare il meglio, ma non il meglio da un punto di vista materiale, ma il meglio per Essere Qui. Più sei soddisfatto di te, sei libero, più il tuo bambino lo percepirà.

In realtà si deve avere fiducia nella vita, è molto semplice.

La seconda cosa naturalmente è che il tuo corpo sa come si fa ad essere incinta, il tuo corpo sa come farlo nascere e quindi si tratta di avere una buona relazione con esso, perché la maggior parte di noi ha avuto delle esperienze difficili rispetto all’essere nel proprio corpo: forse abbiamo avuto una nascita difficile, quindi è buono per la mamma e forse anche per il papà rielaborare la propria nascita prima di partorire perché queste esperienze possono emergere al momento del parto. Può essere molto forte… Sarebbe importante che i genitori facessero un processo di imprinting prima del parto, può stabilizzarli… E naturalmente penso che sia importante anche prepararsi per quale tipo di nascita vogliono dare al bambino.

C’è bisogno di conoscere cosa possono e cosa non possono, cosa si augurano per lui. Quindi ascoltare i diversi modi e le possibilità. A volte non ci ricordiamo queste possibilità perché la società è molto lontana da questo.

Il parto in casa è sicuramente una nascita meravigliosa, ma a volte bisogna essere preparati perché non tutti riescono a pensare che sia possibile. Oppure se vanno in ospedale comprendere cosa vogliono e cosa vorrebbero evitare… I genitori hanno bisogno di essere preparati, non solo le donne anche i papà.

Viviamo in un periodo in cui abbiamo perso il nostro istinto, abbiamo bisogno di ritrovarlo!

Non è così lontano in realtà, ma abbiamo bisogno di orientarci di nuovo ad esso, e talvolta quando andiamo da un ginecologo o in un ospedale, questi vedono il mondo come sono loro e questo è il meglio che possono fare, ma ci sono molte cose che in realtà non conoscono.

È molto meglio che tu sia informata\o in modo da poter fare le tue scelte, non è che tu debba fare le tue scelte in base a ciò che loro dicono essere il meglio.

Io devo fare le mie scelte per il mio bambino.

Ogni genitore vuole fare il meglio ma poi molto velocemente si può arrivare a sentire paura e a quel punto c’è un margine molto ridotto: – “Potrebbe essere pericoloso”… “Allora no no no…” – Ma in realtà il parto in casa è molto più naturale, è il modo migliore, è molto semplice.

Stiamo vivendo per la prima volta in un’epoca in cui cominciamo a riconoscere che il parto cesareo non è il meglio per il bambino, ora è pressoché ufficiale. La cosa migliore per la mamma, la cosa più semplice per il dottore sarebbe farlo perché è programmato, ma che questo non è il modo migliore per il bambino adesso lo sappiamo. Quindi sappiamo che non è buono per il bambino quando facciamo un parto cesareo. Questo diciamo è l’aspetto nuovo.  Fare una nascita vaginale è decisamente meglio, ma dipende anche da come… Ci sono molti aspetti da conoscere per essere più consapevoli.

Un operatore in Prenatal and Birth Therapy può accompagnare una coppia lungo tutto il periodo e dopo?

Assolutamente sì e cercare insieme cos’è il meglio per loro. Ciò di cui i genitori hanno veramente bisogno è il sostegno. In realtà le coppie sono un pò perse perché non sanno dove riceverlo, quindi c’è bisogno di aiutarli a orientarsi e trovare il miglior modo di sostenerli prima della nascita e dopo la nascita, perché questa è una cosa davvero grande.

La verità è che non sappiamo e il nostro corpo non può ricordare, perché abbiamo perso contatto da ciò che è semplice.

Nel tuo insegnamento tocchi una parte molto importante della nascita che è la nostra relazione con la placenta. In molte tradizioni è considerata importante e in alcune tradizioni viene anche ingerita… Cosa suggerisci?

Viviamo in un momento storico in cui siamo consapevoli di molte cose, sarebbe veramente interessante riprendere tutte queste vecchie tradizioni perché erano culturali. Eravamo molto più vicini di ora alla verità… La placenta è una cosa interessante perché, in realtà, è una parte del bambino, appartiene al bambino ed è un organo che è lì per tutti i 9 mesi. Quindi il neonato è sicuramente in relazione con essa, la placenta gli procura tutto il cibo… E’ veramente un organo incredibile. Penso che tutte le culture siano a conoscenza che la separazione dopo la nascita deve avvenire con consapevolezza… Questa è una grande separazione in realtà. È interessante, non tanto il fatto che adesso sappiamo che quando l’ombelico smette di pulsare può essere il momento giusto per tagliare il cordone. Infatti anche così può essere troppo veloce perché è ancora in atto una relazione.

A volte è bene che la placenta arrivi a separarsi da sola, ora ci sono alcuni nuovi input come ad esempio il metodo “Lotus Birth” dove in realtà si lascia la placenta attaccata al bambino per 4 o 5 giorni finché non si stacca da sola. E penso che questa sia un’esperienza veramente buona per il bambino perché la separazione avviene “quando si E’ ”.

Cominciamo ad osservare la relazione del bambino con essa, cominciamo ora perché molte persone iniziano a farlo. Quindi non è solo una fantasia o una credenza culturale ma è una cosa veramente buona. Li aiuta veramente a staccarsi, a separarsi in modo che poi il bimbo si attacchi di nuovo alla mamma. Tutti gli attaccamenti avvengono quando tu torni libero da qualcosa e ti attacchi a qualcos’altro, è la vita!

E se un adulto non avesse avuto alla sua nascita questa possibilità di lasciar andare la placenta, durante un Imprinting è possibile ricontattare la relazione e il tempo giusto per separarsi da questa?

In realtà tutte le memorie sono solo impronte. Forse il modo in cui le incarniamo nel quotidiano crea la nostra personalità e la nostra attitudine con la vita, ma in realtà puoi liberartene. Non è che tu sei queste memorie, anche se per alcuni aspetti tu credi di esserlo, le tue attitudini sono lì, le tue sensazioni ti portano lì.

Puoi lavorare sulla separazione perché è solo un’impronta che si mostra nel tuo sistema di credenze e nelle relazioni, ma si può armonizzare.

Una domanda sul come disporsi alla nascita di un neonato da parte dei genitori. Come possono trovare questi un buon equilibrio tra cosa si augurano, cosa desiderano e cosa poi la vita gli porta e mostra?

Io penso che il genitore può andare a vedere cosa si augura. Da esseri umani abbiamo bisogno di avere un augurio, di avere una visione.

E questo è bellissimo, perché c’è la necessità di sognare, di creare qualcosa con le immagini e con i pensieri. Questa è una cosa molto importante per cominciare. L’altro aspetto è ascoltare l’istinto perché il corpo sa se è possibile o no concepire. E la terza cosa è che la vita ti farà vedere che cosa succederà. E’ una cosa grande.

Puoi augurarti qualcosa, puoi avere il desiderio e puoi anche avere la capacità di stare con quello che E’.

E a volte può essere duro perché quello che c’è non sempre va nella stessa direzione del tuo augurio o del tuo desiderio o del tuo sogno…e questa è la vita. Quindi, c’è bisogno di aver la capacità di fluire con la vita.

La vita si mostra sempre nel momento presente e a volte risuona con il tuo sogno oppure apre la possibilità ad un sogno che non hai mai avuto. Succedono molte cose contemporaneamente, e il mio consiglio è semplicemente di aprire il campo e di essere pronti a quello che arriverà, perché a volte arriva qualcosa di molto diverso dalle aspettative.

Sapendo che è sempre possibile guarire e mettere tutto ciò che c’è in uno spazio in cui tutto andrà bene, questo è possibile. Niente dipende da “cosa è successo”, ma da “come stai tu” con quello che succede, questa è una grande cosa per il neonato e per i genitori.

Perché i bambini si orientano verso i genitori.

Per esempio, se una madre non è soddisfatta di come ha partorito il suo bambino, avrà sempre una tensione riguardo a questo argomento e a sua volta il bambino sentirà tensione e piangerà molto. Perché sarà in risonanza con la tensione della madre, non perché lui ha avuto una nascita difficile, ma perché la madre non sta accettando il parto difficile che è avvenuto. Quindi sì, c’è bisogno di trovare il modo di stare con quello che c’è. E a volte è importante non dimenticare il proprio sogno, perché può trasformarsi con quello che c’è, si può muovere…è una danza.

Se una donna desidera con tutto il suo cuore un bimbo, ma il suo corpo le risponde che non può averlo. E quindi prende la strada dell’inseminazione artificiale. Da quello che abbiamo imparato da te, sappiamo che, per esempio, la placenta di un neonato che ha avuto vita tramite l’inseminazione artificiale, è molto diversa da quella di un neonato che è stato concepito naturalmente. Ci puoi dire il tuo punto di vista a tal proposito?

Questa è una grande domanda a cui non si può rispondere con una piccola risposta in un’intervista. Questo perché tocca molte cose.

Prima di tutto perché il desiderio di avere un bimbo è un’energia archetipica, quindi tutte le mamme e i papà hanno l’energia dell’augurio di avere un bimbo e questo è molto normale.

L’unico problema che abbiamo, è che ci aggrappiamo al risultato.

Il desiderio è normale, ma è l’abitudine a come ci si aggrappa al desiderio che crea il problema.

Il “devo averlo” crea delle difficoltà.

Che cosa sei pronto a fare per continuare ad aggrapparti? Se vuoi aggrapparti ad un modo non naturale, dovrai essere consapevole che è un qualcosa di artificiale. E quindi puoi discernere sapendo che ci sono dei modi migliori e altri meno nell’intraprendere questa strada. Ma in ogni caso è una strada artificiale in cui si manipolano delle cose e devi accettarlo.

La cosa importante da fare è che non bisogna giudicare e dopo di che, trovare l’etica che è giusta per te… E per tutti noi, in realtà. Che è molto difficile, perché ci sono molti modi di considerare ciò, di vedere la vita, quello che è giusto e quello che non lo è. E’ molto delicato e sento che il problema è che si tratta di qualcosa di più grande del nostro desiderio. E’ come se creassimo nuove possibilità per nuovi desideri. Ma la proporzione non è molto buona.

L’inseminazione artificiale porta ad un discorso ampio e delicato… Perché qualcuno potrebbe dire che il proprio figlio che ha avuto questa esperienza in vitro, sta benissimo e altri genitori che hanno avuto un concepimento naturale potrebbero avere problemi con il figlio…questa è una grande domanda con tante sfaccettature.

Il desiderio di essere madre e padre, è un bellissimo desiderio, ma il modo in cui ci aggrappiamo a questo desiderio, crea la sofferenza. E non possiamo dimenticarci che siamo umani e che non siamo perfetti, e in questo caso non stiamo facendo qualcosa di perfetto. E questo può portare delle conseguenze nelle nuove generazioni.

Ma il rischio e il problema già presente è che tutto diventa sempre di più qualcosa di “normale” e quindi c’è sempre più questa possibilità di concepimento artificiale al giorno d’oggi…perché “è normale”.

E’ la stessa cosa con gli interventi, come per esempio con il parto cesareo, che certamente è qualcosa di utilissimo ed efficace quando c’è un qualche grande problema durante un parto, ma il cesareo non è una cosa buona quando non è necessario. E anche qui c’è il rischio che diventi sempre più un modo “normale” di partorire. Ma non lo è di certo.

E partiamo sempre da desideri molto umani da parte di mamme e papà.

E con questi principi, possiamo accompagnare questi casi?

Certamente, è buono che abbiamo anche strumenti che possano accompagnare ciò che stiamo facendo nel mondo e che a volte sarebbe meglio non fare. Ma chi siamo per poter dire questa cosa?

Hai nominato alcune cose a cui ci aggrappiamo che poi creano sofferenza. Puoi spiegarci la differenza fra un buon attaccamento e quando ci aggrappiamo a qualcosa che crea sofferenza?

 E’ importante prima di tutto chiarire il cosa sia l’attaccamento, che sicuramente non è “aggrapparsi”.

Noi abbiamo bisogno di un legame. In realtà, come spirito, vogliamo un legame. E se è uno spirito che vuole creare un contatto e si lega, è un legame libero, ti rende libero. Riguardo l’attaccamento, è un qualcosa che stiamo scoprendo con sempre più nuove sfumature e c’è tanto da imparare ancora. Si tratta di amore, di legame e di separazione.

Siamo ancora molto lontani dal comprendere davvero come questa triade si mostra nell’umano.

Ma porta qualcosa di molto semplice, ci sono due cose di cui ha bisogno il tuo corpo: una sensazione di sicurezza per rilassarsi, per crescere e anche per trovare il suo istinto. La seconda cosa è che hai bisogno d’incontrare la natura dell’Essere. Quindi nell’attaccamento ci sono due cose. E a volte queste due cose non si mostrano nella maniera più equilibrata, a volte nel cervello ci sono delle modalità in atto, come quello della sopravvivenza o a volte vivi un tema esistenziale e quindi non senti il corpo.

Ci sono queste due cose insieme, è come avere l’amore, il nutrimento e il corpo in un’unica danza e questo rende le cose lievemente complicate. Se hai un buon attaccamento, che significa una famiglia in cui ti senti al sicuro, senti che sei “visto” e che sei incontrato nella tua vera natura. Come ti fa sentire? Ti fa sentire libero e dà forza alla tua autonomia.

Quindi non si tratta di attaccarsi a qualcosa, ma si tratta di trovare un modo di stare qui. Non siamo qui per essere da soli e forse non siamo qui solo per noi stessi, ma siamo qui per qualcosa di più grande.

Il fatto è che è tutto “relazionale”: l’attaccamento è una danza relazionale.

E’ anche connesso alla capacità di ricevere supporto?

Assolutamente. Ricevere supporto e dare supporto. E’ come dare e ricevere. Questo è l’attaccamento. Ed esiste per essere libero. Ed è qualcosa di cruciale. Perché forse i tuoi genitori non sono stati liberi.

Il problema dell’attaccamento non è l’attaccamento in se, né come e quanto ne contatti. Ma è che ce n’è bisogno perché altrimenti saremmo persi. E ciò, dopo, porterà all’autonomia e all’essere liberi nel proprio corpo. E non abbiamo bisogno di avere paura di attaccarci. E’ l’opposto.

Non c’è relazione senza legame, e non c’è relazione senza separazione. Perché è una danza: io sono la personalità e altre volte sono uno con tutto. Questo è l’attaccamento, le due cose sono insieme. Sì, hai bisogno di avere un legame, e in ogni caso lo avrai.

Ti legherai con qualcosa anche se non fossero i tuoi genitori… Ti creerai un legame! E questo è molto bello, perché è il movimento del cuore. E nello stesso momento hai bisogno di trovare te stesso. E si possono trovare delle difficoltà. E’ una grande danza tra l’essere qualcuno ed essere nessuno.

Una danza.

Il bimbo cerca se stesso – “Fammi vedere chi sono” , “Perché sono qui?” – Dice alla madre. E la madre può dare una risposta d’amore – “Non lo so, ma sono qui, ti sostengo e forse ti aiuterò nel trovare queste risposte durante la vita”. Questo è il bonding: ricerco su me stesso, sul significato della vita e sul relazionarmi ed essere con le altre persone. Questo è uno splendido spazio in cui esplorare.

Questo viaggio ha inizio dal momento in cui l’ovulo fecondato s’impianta nell’utero della madre.

Puoi spiegarci la differenza tra imprinting e Rebirthing?

E’ semplice, perché il Rebirthing è un metodo in cui fai qualcosa per entrare in un altro stato di coscienza. Pratichi il respiro olotropico in cui respirando introduci più ossigeno nel corpo e lo mantieni per arrivare appunto ad un altro stato di coscienza che ti ricorda lo spazio della nascita. Ma è uno spingere. In realtà non sai esattamente dove stai andando e non sai che risorse hai con te. E vi è bisogno di un’accurato accompagnatore per sperimentare ciò.

Quello che noi facciamo non è così. L’ambiente che creiamo è davvero pieno di risorse e sicuro, la persona è totalmente cosciente, non lo si spinge da nessuna parte. Ma semplicemente apriamo delle porte per esplorare qualcosa. E in un qualsiasi momento possiamo dire: è troppo, ho bisogno di rallentare. Non si va via, non si è in trance, non hai bisogno di indurre qualcosa nel tuo corpo per la pratica. Anzi, è il contrario, è semplice, sei presente al “qui e ora”. E’ molto sicuro.

In varie tradizioni possiamo vedere che vi sono delle similarità nell’energia alla nascita e alla morte. Come questa visione della vita che è ciclica si riflette in Prenatal and Birth Therapy?

Io vedo che la nascita è il modo di entrare nel corpo e la morte è la nascita nell’altra direzione, fuori dal corpo. Penso che in ogni caso entrambe siano energia della nascita. Una è in una direzione e l’altra nell’altra. Sono sicuro che potremo trovarvi delle cose similari, a parte la direzione opposta. Ma penso che sia la stessa energia che attraversa qualcosa di molto grande. Un’incarnazione ed una disincarnazione.

Nella nascita c’è un potenziale creativo che si vuole manifestare nel corpo. Quando nasci sarai in una personalità e quando muori devi lasciar andare via questa personalità. E’ qualcosa d’importante. E’ come se l’energia sia più nella dispersione, nel lasciar andare questa personalità. Forse questo è il motivo per cui ne abbiamo così paura. Se invece non sono quello che penso che sono o dove sono o chi sono… E’ un’altra cosa.

A volte abbiamo molte credenze religiose o spirituali. Ma è come la nascita… Non sai esattamente da dove arrivi.

Poi, tante volte, possiamo vedere che quando qualcuno muore, qualcosa va nella morbidezza e nella leggerezza. Dipende. Se non si è fissato troppo nel corpo. In questi casi le persone possono sentire molto dolore… E poi hanno dei momenti di leggerezza, come se andassero altrove. Ci sono molte variabili.

Ma sicuramente, la morte, è nel piano della nascita. Quando nasci, comprendi in via sottile che un giorno morirai. E’ nel piano. Sono insieme, da qualche parte.

Nadeshwari Joythimayananda e Paola Battocchio

nadeshwari7@gmail.com

paola.battocchio@biosomatico.com

 

 

Questa versione dell’intervista è stata rieditata nella primavera del 2018 da Jerry Diamanti

per il booklet “Prenatal and Birth Therapy” Matrika Edizioni

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    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

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    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

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    Claudia Panico

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    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

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    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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