Siamo pare dentro un’epica crisi dell’umanizzazione. Non ha più presa sul tessuto sociale quella potenza verticale o piramidale simbolica forte che ha spinto fino a qui la nostra immagine, l’ideale simbolico chiamato patriarcato ha esaurito le sue maschere (anche se viviamo ancora fra i suo resti putrefatti, fra avanzi puzzolenti e strascichi cadaverini). Siamo in cerca d’altro. C’è bisogno di cura, di attenzione, per creare diversa umanizzazione e non ricadere in nauseanti stereotipi, dicevano già Foucault e Nietzsche prima, con una decisa integrazione orizzontale del femminile. Già, perché non c’è soggettivazione che non sia femminile.

Ogni ‘divenire umano’ è femminile, femminile che non è di proprietà di un ‘divenir donna’, ma potenziale a disposizione per chi nel proprio divenire ne sappia in qualche modo far uso. Femminile, come definirlo? Forse è quanto ci manca, quanto non sappiamo di noi, quanto non possiamo governare, quanto non possiamo dire, quanto non abbiamo, quanto rimane indicibile o indecidibile. Forse quanto ci mette in relazione con l’alterità, con la vita nel suo eterno rigenerarsi, con qualcosa più grande di noi, un godimento che si prova e del quale non si sa nulla, estatico, qualcosa di ignoto che fa presa sul corpo e lo assoggetta, lo rende soggetto, qualcosa che ci fa ‘rivoluzionantesi’.

Questo pone fertili problemi sociali. Su come stare insieme, su come innamorarsi. Non c’è un modo ideale di comportarsi, e ogni modo comporta gioie ma anche malesseri, disagi, quindi discussioni etiche su come fare. Ci chiediamo ad esempio a cosa ci serva, che cosa una società faccia di questa religione figlia del Cristianesimo chiamata Capitalismo, leggendo Marcel Gauchet che ripensa Walter Benjamin (”l’estensione della disperazione a stato religioso mondiale da cui ci si aspetta la salvezza”). Il potere (finanziario) ha bisogno per funzionare di un’idea di emergenza continua, che tende a sequestrare la fede e il futuro, il tempo e l’attesa.

Sappiamo e stiamo sperimentando sulla nostra pelle, già da Eschilo col mito di Prometeo ma anche da prima, quale sarebbe l’immondo criminoso lavoro in perdita e il prezzo da pagare in termini di violenza e alienazione per un ideale di salvezza che venisse dalla Tecnologia. Così senza remore ci possiamo sbarazzare dei vari deprimenti postumanismi e transumanismi, che addormentano la ragione col loro insostenibile desiderio di liberazione da ciò che supporta propriamente il vivente, cioè sofferenza e morte.

Ci chiediamo invece come far emergere antiche ritualità, come recuperare altre forme di religiosità, come rendere conto della nostra animale complessità. Soggettivarsi oggi, diventare se stessi, fare mondo insieme nelle pluralità, cosa vuol dire? A quali pratiche risponde? Quali pratiche vogliamo ci definiscano?

Come ci si apre alle infinite possibilità del reale? Come si può stare insieme con cuore aperto, in compagnia della propria inalienabile vulnerabilità?

Incontriamoci. Conosciamoci. Discutiamone. Confrontiamoci. Che le esperienze di ciascuno possano diventare pezzetti delle strade di altri, che un incontro possa contaminare il divenire collettivo, che uno scambio o un tempo dedicato possano essere di supporto nelle meravigliose esplorazioni coindividuali. Abbiamo molti strumenti oggi a disposizione e si tratta di scegliere come usarli.

Benjamin Ibry e Sara Massone

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Matrika – Consciousness Development è un’esperienza di dialogo transculturale libera ed indipendente.

Rivista on line n°15 – Anno VIII – Primo Semestrale 2023

Attività redazionale: Benjamin Ibry, Sara Massone, Gaia Dunya Rai, Andrea Staid, Jerry Diamanti, Nadeshwari Joythimayananda, Marta Filippini, Carola Zerbone

Editing: Jerry Diamanti, Nadeshwari Joythimayananda, Alberto Paolucci

Web Design: Dr.9 Alberto Paolucci

Illustrazione di copertina: Carola Zerbone

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