Quanto è sensato ed accorto educare le nuove generazioni a perfezionare teoricamente e tecnologicamente un sistema che opera minando alle basi la nostra possibilità di sopravvivenza sulla Terra?

Il cosiddetto “sviluppo”, basato sull’oggettivizzazione della natura, la competizione per i mercati, per le risorse e sulla guerra per il loro possesso, sta portando rapidamente all’estinzione di numerose specie, l’aumento delle temperature del pianeta e l’innalzamento del livello dei mari e degli oceani. Milioni di animali ed esseri umani costretti a fuggire dai territori dove hanno vissuto per secoli, profughi di una violenza ambientale che ha le sue origini profonde non solo nelle strutture che ci governano, ma nel modo stesso in cui pensiamo, ci relazioniamo e sentiamo il mondo.

Trasformare la realtà logocentrica che ci viene imposta come unica ed universale, dal momento in cui prendiamo consapevolezza di non poterne più pagare il prezzo da un punto di vista personale, comunitario ed ecologico, comporta la decostruzione dei nostri vecchi modi di essere. Ma per quanto noi possiamo essere determinate a voler affrontare i problemi attuali senza l’uso degli strumenti epistemologici del sistema che li ha creati, i vecchi paradigmi che abbiamo interiorizzato per sopravvivere ed esserne parte, probabilmente si ripresenteranno come forme di resistenza al nuovo.

Che queste resistenze siano maestre…

Nella lettura del testo che segue prova a riconoscere eventuali impulsi di giudizio, evitamento, dissociazione, desiderio di distrazione. Se questi affiorano, prova ad osservare che cosa succede se rallenti, prendi una pausa dalla lettura ed ascolti se emergono delle emozioni.

Se ad esempio si presentasse la paura, nota cosa in te si sente in pericolo… Dal momento che il testo fa riferimento a modalità altre di stare nella relazione umana, apprenderle potrebbe farci sentire vulnerabili nei confronti di chi si porrà nei nostri confronti utilizzando inconsapevolmente le vecchie modalità dialettiche dicotomiche basate sulla dominanza. Se arrivasse la rabbia, potrebbe avere origine da tutte le volte che abbiamo sprecato le nostre energie duellando in una relazione, invece che andare insieme alle origini dei nostri bisogni personali, comunitari ed ecologici. O dalla necessità di non sentire il timore di entrare a contatto con qualcosa di nuovo, ancora non confezionato come normalità e venduto come un altro banale prodotto dell’industria della cultura e dell’educazione.

Ragionamento analettico

La parola “analettico” deriva dal greco antico e si riferisce alla scelta di raccogliere elementi, informazioni andando più in profondità rispetto al livello superficiale delle opposizioni binarie. Mentre il ragionamento dialettico fa perno sul confronto di punti di vista contrapposti, cercando una soluzione sotto forma di sintesi, il ragionamento analectico cerca di andare a scavare più in profondità, mettendo in discussione gli assunti fondamentali ed i contesti dai quali queste posizioni diverse hanno origine.

Il ragionamento dialettico, che affonda le sue radici nella filosofia e nella logica classiche, è stato la pietra miliare dei discorsi accademici, politici e sociali all’interno della modernità/colonialità, comprese le diverse tradizioni di pensiero critico all’interno della modernità stessa (ad esempio, Hegel, Marx, Freire). Il ragionamento dialettico si basa sul principio secondo il quale, attraverso la tensione di argomenti opposti (tesi ed antitesi), è possibile raggiungere una verità superiore o una sintesi. Questo metodo suggerisce un percorso lineare di progresso, in cui le contraddizioni sono viste come problemi da risolvere. Il processo implica intrinsecamente un movimento “in avanti”, una traiettoria verso l’illuminazione, una migliore comprensione o un avanzamento della società.

Il ragionamento analettico, invece, sposta l’attenzione. Invece di puntare alla sintesi o alla risoluzione, incoraggia un’esplorazione più profonda delle premesse stesse e di ciò che è illeggibile per chi le pone. Sollecita domande come: Perché sono sorti questi particolari punti di vista? Che cosa negano o escludono? Quali fattori culturali, sociali o storici li sostengono? E soprattutto, quali voci vengono privilegiate in questa dialettica e quali vengono messe a tacere, negate o ignorate?

Chiedendosi da dove arrivano i punti di vista coinvolti, il ragionamento analettico si confronta direttamente con le dinamiche di potere che danno forma ai nostri concetti di progresso e di slancio in avanti. Cerca di rendere visibili i pregiudizi, i limiti, i privilegi e le agende spesso nascoste che determinano quali interessi siano serviti dalle narrazioni e dalle ideologie prevalenti. Ad esempio, quando si parla di progresso della società, il ragionamento analettico dovrebbe indagare: Progresso per chi? Chi beneficia di questa particolare versione del progresso? Chi potrebbe esserne danneggiato? Quali diverse concettualizzazioni del progresso sono rese invisibili? Perché il progresso è al centro di questa conversazione?

Inoltre, mentre il ragionamento dialettico può rifuggire dalle intricate complessità dei paradossi, preferendo conclusioni nette, il ragionamento analettico si appoggia a queste complessità. Riconosce che la realtà è a più livelli e che più verità possono coesistere in tensione senza necessariamente annullarsi a vicenda. Se si affronta un problema con il ragionamento analettico, la complessità non è un ostacolo, ma un invito a esplorare più a fondo e a relazionarsi in modo più ampio.

Per dirla con una metafora, se il ragionamento dialettico è come cercare di trovare un sentiero chiaro in una foresta tagliando tutti gli alberi che lo ostacolano, il ragionamento analettico è come studiare l’ecologia della foresta, capire perché ogni albero sta dove sta, apprezzare le interconnessioni e riflettere sull’idea stessa di “sentiero”.

Nell’analizzare le alternative, l’influenza pervasiva del ragionamento dialettico della modernità ci spinge spesso a invertire i binari gerarchici stabiliti. Per esempio, nel criticare la bianchezza come violenta ed estrattiva, c’è una tendenza implicita a percepire la neritudine o l’indigeneità come intrinsecamente non violente e non estrattive. Queste inversioni binarie, profondamente radicate nella struttura dialettica, ricreano inavvertitamente distinzioni riduzionistiche gerarchiche ed essenzialiste. Allo stesso modo, opporsi al dualismo potrebbe intuitivamente portarci a sostenere il non-dualismo. Eppure, proprio questa preferenza sottolinea un continuo intrappolamento all’interno del binario gerarchico del dualismo contro il non-dualismo. L’essenza del ragionamento dialettico risiede in questo modo di pensare o/o. Il ragionamento analettico ci invita ad andare oltre l'”uno o l’altro” verso l'”uno e l’altro e in movimento”.

In un mondo in cui le questioni sono sempre più complesse, intrecciate e influenzate da una miriade di fattori, il ragionamento analettico offre un percorso per una diversa modalità di critica che può tenere in considerazione le complessità, i paradossi e le tensioni senza cercare di imporre la coerenza.
Ecco un confronto tra i due approcci al dibattito sui combustibili fossili e le fonti di energia rinnovabili:

Approccio al ragionamento dialettico:

Tesi: I combustibili fossili sono stati la spina dorsale dello sviluppo industriale, della crescita economica e hanno fornito energia a prezzi accessibili per case, aziende e trasporti per decenni.

Antitesi: Le fonti di energia rinnovabili, come il solare e l’eolico, sono sostenibili, causano meno inquinamento e sono fondamentali per l’ambiente, poiché non contribuiscono al riscaldamento globale nella misura in cui lo fanno i combustibili fossili.

Sintesi: Sviluppare sistemi energetici ibridi che utilizzino sia i combustibili fossili sia le fonti rinnovabili, con una transizione graduale nel tempo, mentre i progressi tecnologici rendono le fonti rinnovabili più efficienti e convenienti.

Approccio del ragionamento analettico:

Mettere in discussione le premesse: Perché siamo diventati così dipendenti dai combustibili fossili? Quali fattori economici, politici, culturali, storici e sistemici hanno portato al loro dominio?

Comprendere le dinamiche di potere: Chi trae vantaggio dall’uso continuato dei combustibili fossili? Quali sono le aziende, le nazioni o i gruppi che hanno più da perdere con una rapida transizione alle energie rinnovabili e chi invece ha da guadagnare? Quali altre opzioni, oltre ai combustibili fossili e alle rinnovabili, vengono ignorate, messe a tacere o rese incomprensibili o inimmaginabili nel dibattito?

Abbracciare la complessità: Quali sono le implicazioni più ampie di entrambi i tipi di fonti energetiche, al di là del loro impatto ambientale immediato? Ad esempio, come influenzano la geopolitica globale, i mercati del lavoro, le pratiche culturali o le comunità locali?

Paradossi da affrontare: Quali sono le implicazioni dell’implementazione delle energie rinnovabili su larga scala? Chi sosterrà i costi della transizione? La continuazione di una crescita insostenibile e di un consumo eccessivo è ciò che giustifica e guida la transizione verde?

Orizzonti diversi: Quali approcci sperimentali potrebbero sostenere un cambiamento culturale in cui riconosciamo i danni che gli esseri umani hanno inflitto gli uni agli altri, alle altre specie e al pianeta? E come possiamo passare gradualmente a forme di coesistenza più sane che oggi ancora non possiamo immaginare?

Nell’approccio dialettico, il problema viene inquadrato come un’opposizione binaria, che porta a un compromesso o a una soluzione intermedia o a un’inversione dei binari gerarchici. Nel frattempo, l’approccio analettico mette in discussione i presupposti fondamentali, riconoscendo l’interazione di più forze e aprendo un’indagine su approcci e orizzonti diversi.

 

Estratto e rieditato da “Facing Humans Wrongs: climate complexity and relational accountability” di Vanessa e Giovanna Machado de Oliveira in collaborazione con University of Victoria

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