Dopo quasi due anni di creatività, lavoro, luci e ombre… Finalmente posso condividere l’Album “Space Yantra” con voi. Dare alla luce l’album con il videoclip del singolo Yanya (You Are Not You Are) è per un motivo in più per incarnare un poco più su questa Terra.

Per noi di Space Yantra, duo composto da me e da Ysmail Emanuele Milletti, la vita spirituale e quella musicale sono una sorta di entità complessiva, che si muove all’unisono.

Fra musica e medicine ancestrali

Mentre veniva arrangiato musicalmente questo brano da Ysmail in Italia, io ero in Portogallo a conoscere gli indigeni Noke Koi della foresta pluviale brasiliana.

E girare il video è stata un’esperienza di tale sincronicità e forza da spingerci ad andare in Amazzonia per incontrare questa tribù, che non ha mai interrotto la relazione tra cielo e terra.

Il video di Yanya tratta proprio questi temi, esprimendoli attraverso la storia di un’esperienza psichedelica con le piante sacre (Ayahuasca, decotto utilizzato dalle tribù amazzoniche). Il giorno stesso delle riprese abbiamo scoperto che il parlamento italiano aveva respinto la richiesta di rendere legale l’Ayahuasca in Italia. Questa infausta sincronicità ci ha spinto ulteriormente a partire verso la foresta.

Siamo stati nello stato brasiliano di Acre, nei pressi del confine con il Perù, nel mezzo della giungla. Ospiti della tribù nella loro riserva, un paradiso immerso nella natura selvaggia, senza molte delle comodità a cui siamo abituati in occidente. Siamo stati con loro per curare il nostro corpo, la nostra mente e il nostro spirito con le cerimonie di piante sacre, con il veleno della rana Kambo, e con i canti sacri nell’antica lingua Noke Wana.

Abbiamo anche seguito un percorso di apprendimento dei canti cerimoniali e dell’utilizzo della voce, molto peculiare e con una timbrica specifica.

Uno dei momenti più significativi che ho vissuto durante questo apprendistato musicale è stato stare un giorno intero all’interno di un albero sacro chiamato Samauma. Nelle ore passate al suo interno mi è stato chiesto di cantare ai miei ancestri nella forza della medicina, di mangiare, riposare e pregare… Inevitabilmente nella nostra permanenza nella foresta sono già emersi anche alcuni nostri brani nuovi in connessione con la Madre Terra.

La nostra storia

Siamo nati come band nel 2015: Ysmail stava tenendo dei concerti di sitar nell’ashram (comunità spirituale) di mio padre . Lì gli è arrivata l’intuizione di contattarmi, per creare un progetto musicale che aprisse una breccia verso la multidimensionalità. Io mi trovavo in Sri Lanka a curare il profondo divario che sentiva tra il suo essere orientale in un mondo occidentale. Nella richiesta di Ysmail ho sentito la possibilità di esprimere in musica una spiritualità incarnata.

Ha avuto inizio così un periodo di sperimentazione sonora con la quadrifonia, momento che ci ha visto impegnati in una serie di concerti, principalmente al museo delle culture del mondo di Genova. In questi appuntamenti davamo vita a un ambiente sonoro tridimensionale (Mandala Sonoro) che aveva l’obiettivo di trasportare il pubblico nella vibrazione in movimento di sitar, voce, armonici e suoni campionati di pianeti e natura.

Dopo una pausa di qualche anno, ho proposto ad Ysmail una nuova esplorazione artistica insieme, con l’idea di musicare Devi Kavacham, un lungo mantra dedicato alle diverse forme della Dea. In questi momenti di intensa creatività tra elettronica, melodie classiche indiane e pulsazioni tribali, è emerso il nostro primo album (Space Yantra), che è uscito con il videoclip ufficiale il 17 febbraio di quest’anno.

Manifestare questo lavoro musicale è stato per noi un intenso percorso di scoperta interiore, dove rispecchiandoci profondamente nelle nostre aspirazioni, da quelle primordiali a quelle cosmiche, abbiamo sviluppato una comunione d’intenti e direzione così forte da unirci anche in una relazione sentimentale che potremmo definire inusuale: è la musica che ci tiene uniti.

Per la natura dei nostri caratteri e del nostro karma, ciclicamente ci ritroviamo a dover ridefinire spazi, a prenderci cura di noi in solitudine e a incenerire ciò che è stato fino ad un dato momento. Non sapendo assolutamente dove tutto ciò ci porta.

Ogni brano di questo album è il frutto di un processo creativo che affonda le radici nella terra dei nostri corpi e nello stesso tempo si apre al cielo delle nostre anime. Inevitabilmente questo percorso artistico ci ha portato a incontrare insieme le nostre ombre più profonde. Trovandoci scaraventati nella nostra oscurità siamo ciclicamente invitati dalla vita a trovare un modo per riemergere e rinascere nella connessione con la natura.

La musica è la nostra nave cosmica (da qui il nostro nome) per arrivare insieme a un’espansione vitale che si fa linfa per i nostri corpi come la linfa delle piante, una pulsazione universale che incarniamo attraverso l’esperienza di vita.

A cosa ci ispiriamo?

Cerchiamo di scegliere con attenzione i nostri passi e vivere una dimensione musicale che sia il più a contatto possibile con le nostre esperienze dirette. Facciamo un esempio: ispirarsi a elementi di una tradizione può essere un movimento molto superficiale se non si conoscono né le necessità artistiche, né quelle espressive, né gli aspetti culturali o ambientali della tradizione o genere a cui ci si sta riferendo. Per noi, nel nostro bisogno di esplorare il mondo e nella nostra aspirazione a percorrere un filo conduttore profondo tra i popoli, è importante sviluppare il più possibile consapevolezza delle loro caratteristiche, su più livelli possibili. Parlando in termini geografici, siamo stati in India, in Amazzonia ma mai ai Caraibi o nell’Africa dei Pigmei. Sappiamo che incontriamo il rischio dell’appropriazione culturale e di conseguenza di un contatto superficiale con queste realtà, ma cerchiamo di mediare tra le nostre aspirazioni creative e gli strumenti che abbiamo a disposizione per trarre più comprensione possibile dalle tradizioni musicali a cui ci ispiriamo.

Mentre scrivo questo articolo sono a Cuzco, sulle Ande, dove ho avuto il piacere di intessere relazioni umane e spirituali con due fratelli Qeros. Mentre mi bagnavo in un lago a 6000 metri ci siamo ritrovati a recitare canti sacri utilizzando parole in sanscrito e quechua con un’allegria, una gioia e una profondità tale che non poteva dar spazio a dubbi sulla possibilità di vibrare insieme nelle tradizioni, per il bene comune di tutt@ e tutto.

Se senti di farti inebriare la mente e il tuo corpo con il nostro mondo spirituale…

Clicca qui per vedere il video clip.

Clicca qui per ascoltare l’album

Nadeshwari Joythimayananda

info@nadeshwari.com

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